Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/127

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TARAS BUL'BA

posto un tavolino alto, all’usanza cattolica, con gradini da potervisi inginocchiare durante la preghiera. Ma non era questo che cercavano i suoi occhi. Si volse dall’altra parte, e vide una donna che sembrava gelata e impietrita nell’atto di un rapido movimento. Si sarebbe detto che tutta la persona si era mossa per gettarsi su di lui, e improvvisamente si era arrestata. Anche lui si fermò trasognato dinanzi a lei. Non era cosí che egli s’immaginava di vederla; quella non era lei, non era quella che egli conosceva prima. Non c’era in lei nulla di simile a quella, ma era ora due volte piú bella e piú meravigliosa di prima. Allora si scorgeva in lei qualcosa di non finito, di non perfetto; adesso era il capolavoro a cui l’artista ha dato l’ultimo tocco di pennello. Quella era una ragazza seducente e capricciosa; questa era una donna formosa, nel pieno sviluppo della sua bellezza. Una pienezza di sentimento si esprimeva nei suoi occhi levati in alto; non frammenti né indizi di sentimento, ma sentimento intero. Le lagrime non s’erano ancora asciugate su quegli occhi e li coprivano di un molle luccichío che passava l’anima. Il seno, il collo e le spalle erano contenuti in quelle linee incantevoli che caratterizzano una bellezza pienamente sviluppata, Le chiome che prima si espandevano in


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