Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/128

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GOGOL

riccioli attorno al volto, ora si erano mutate in una folta opulenta treccia, di cui una parte era raccolta, e un’altra parte sciolta su tutto il lungo braccio e mandava sul petto certi capelli finissimi e lunghi, piegati in forma incantevole. Era manifesto che tutti i suoi lineamenti s’erano cambiati, dal primo all’ultimo. Invano egli si sforzava di ritrovarne almeno uno di quelli che solevano apparire nella sua memoria; nemmeno uno! Per grande che fosse il suo pallore, esso non offuscava la sua meravigliosa bellezza, anzi le dava per cosí dire un fascino travolgente, irresistibile. E Andrea sentí nell’anima sua un senso di timore e di adorazione, e rimaneva immobile dinanzi a lei. Essa, si vedeva bene, era a sua volta impressionata dall’aspetto del cosacco che le si presentava in tutta la bellezza e la forza della sua maschia giovinezza, e in quella stessa momentanea immobilità delle sue membra faceva intendere chiaramente tutta la sua agilità e libertà di movimento; il suo sguardo brillava di serena fermezza, in una curva ardita si piegava il sopracciglio vellutato, le guance accese s’illuminavano di tutta la luce di una casta fiamma, e i piccoli baffi rilucevano come seta.

— No, io non ho la forza per ringraziarti in qualche modo, magnanimo cavaliere — ella di-


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