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188 Matteo Bandello

quel giorno, ecc., CXXV, v. 1; dall’ultima terzina del quale sonetto pur ricava idee e imagini per l’ultima terzina di questo.

V. 2. Strani casi d’amore che lo fanno gelare tra la neve, e ardere nel fuoco.

V. 10. Scoprirsi, manifestarsi; ora si vela di disdegno.


CXXVIII.

Imagina di abbattersi, nelle sue peregrinazioni, in un pastore che, in riva al Mincio, celebri con altissime lodi e il Mincio stesso, e i poeti antichi e contemporanei fioriti sulle sue rive e, sopra tutti, la bellissima Mencia mantovana. Il pastore, evidentemente, è lo stesso poeta, nei panni di Delio (cfr. son. LVII e sgg.), che noi già conosciamo: il «debile stile» e altre particolarità che si convengono al Bandello ce ne fan persuasi; lo sdoppiamento della sua personalità non è da considerarsi che quale poetico artificio.
        Sestina.


Di campo in campo, e d’una in altra piaggia
     Giva piangendo il mio perduto tempo,
     Quando nuovo pastor in ripa all’acque
     Del figlio di Benaco in dolce stile
     5Udii cantar, ond’io lungo il bel fiume
     Assiso stetti, ed egli disse i versi.
O biondo Apollo, che celesti versi
     All’ombra d’un bel lauro in quella piaggia,
     Ove l’Eurota corre altiero fiume,
     10Cantasti, se rammenti di quel tempo,
     Alza, ti prego, il mio debile stile,
     Tal che ’l suon ne rimbombi per quest’acque.
E voi, qual vetro pure e lucid’acque,
     U’ nacque il buon testor di tanti versi,
     15Che dalle gregge e campi alza lo stile
     Alle fiere armi, questa verde piaggia