Pagina:Issel - Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos, Milano, Treves, 1876.djvu/55

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falso allarme. 43

tronde abborrisce, come l’abborriscono del puri i suoi connazionali. A tal vista i Danakil nostri amici si commuovono, sfoderano i pugnali e brandiscono le lancie. Cedendo alle loro istanze noi mettiamo fuora una bandiera italiana, ed essi la inalberano sopra una lancia dichiarando al professore che quella è d’or innanzi la loro insegna e sapranno difenderla. I più giovani, i più bollenti, che ardono già di azzuffarsi, guardano in cagnesco gli avversari, stringono le pugna e digrignano i denti. Ma i più vecchi li ammoniscono e li trattengono. Il partito dissidente, in quel mentre, si arresta a piè di un albero sul quale pianta la propria bandiera; uno de’ suoi viene poscia a noi come parlamentario, ed avvicinatosi con circospezione, si abbocca con alcuno dei nostri Danakil. S’impegna allora una lunga e vivissima discussione, alla quale non intendiamo verbo, il cui risultato si è che in breve il messo e la sua brigata, mogi e confusi, si allontanano per la strada stessa d’onde erano venuti.

Esaurito questo piccolo incidente, Ibrahim ed Hassan ci avvisarono di stare all’erta, poichè le provviste e i bagagli del professore, depositati sulla spiaggia, quasi senza difesa, avrebbero sicuramente eccitata la cupidigia dei beduini dell’interno, e già si buccinava che un giorno o l’altro sarebbero piombati sull’accampamento per far bottino. Ho qualche ragione di credere che il supposto pericolo fosse una ingegnosa Invenzione, mercè la quale speravano vivere, a titolo di guardie, alle spalle dei nostri compagni.

Frattanto eravamo sulle spine perchè Mohammed-el-Beredi, stimolato dagli Arabi, che, come già dissi, si erano imbarcati di soppiatto sul sambuk, deludendo la nostra vigilanza, instava per salpare immantinente; mentre noi non avremmo voluto separarci dal professore Sapeto, prima che fosse giunta una barca, aspettata da Aden colle corrispondenze, nella quale egli ed i suoi avrebbero potuto, occorrendo il caso, sottrarsi ad ogni rischio fino all’arrivo dell’Africa, che doveva far capo ad Assab, tornando da Bombay. Cominciando la ciurma a tumultuare pel ritardo che si frapponeva alla partenza, il capitano ci avvertiva che non avrebbe sofferto più lungo indugio e sarebbe partito senza di noi; ed anzi una notte, mentre io ero a terra, un tentativo di levar l’ancora, tosto represso da Antinori e Beccari, susseguiva la minaccia. Vedemmo allora che bisognava cedere