Pagina:Istituzioni di diritto romano.djvu/172

Da Wikisource.

modificazioni naturali 169

vissuto dopo il suo assoluto distacco dalla madre, questo distacco, o avvenga naturalmente o per operazione chirurgica (ciò poco importa) , deve essere completo, assoluto (cost. 5 Cod. de Posth. VI. 29) , e l’infante deve avere vissuto dopo di quello. Anticamente per provare che aveva vissuto, si richiedeva la prova che avesse fatto udire la sua voce; ma Giustiniano si contentò di qualunque altra prova di vita (cit. cosi. 5. Cod. de Posth.). Se l’infante muore prima di essere separato dalla madre, o muore nell’alvo materno, o muore perchè la madre lo partorisce prima del tempo (abortus), non si può dire che sia nato vivo, e però non può trasmettere in altri dei Diritti, che egli non ha per anco acquistati. Ma se ha vissuto, sia pure un istante, dopo la sua assoluta separazione dalla madre, acquista diritti, e col morire li trasmette.

§. 44. Ritenevano gli antichi interpreti del Diritto Romano, che la capacità ai Diritti si acquistasse dopo essere nati vivi e vitali; oltre la vita, cioè , esigevano la vitalità; come si esige tuttora in Pratica. La vitalità deducevano dalla perfezione degli organi e dalla maturità del neonato; di qui derivava che dicessero non vitale l’infante nato prima del decorrere di centottantadue giorni dal concepimento, ed appoggiavano questa teorica sul fr. 42. Dig. de Statu hominum J, 5. Ma per verità quel frammento non dice altro, se non se: essere possibile, che sia legittimo un infante nato centottantadue giorni dopo il matrimonio; perchè secondo l’opinione di Ippocrate, un feto di sei mesi può essere vitale. Quel frammento adunque, si riferisce più alla legittimità, che alla vitalità (Vedi Savigny Sist. di D. Rom. append. III, Vol. 2) , o per meglio dire, non pone la vitalità qual condizione della capacità ai Diritti. I Giureconsulti Romani richiedevano all’acquisto della capacità ai Diritti, che l’essere nato vivo, fosse esteriormente conformato come un uomo. Negavano quella capacità al parto mostruoso, privo, cioè, affatto di forme umane (monstrum, prodigium); la riconoscevano al parto in cui occorre un deviamento, o per eccesso o per difetto, dalla ordinaria conformazione umana (ostentum) Ved. la cit. cost. 5 Cod. de posth, ed i fr. 44 Dig. de Statu