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Sì, possiam senza esitare un momento solo, protestare, che quanto il ricordato S. Arcivescovo sentiva d’amore e di trasporto per l’Apostolo Paolo, tanto il cuor nostro sentiva, e sentirà ognora per Leone, Omnes equidem amo Sanctos, mi si conceda questo sfogo: maxime vero beatum Paulum, e noi diremo Leone, vas electionis, tubam caelestem, Christi pronubum1. E che non sia soverchiamente dall’affetto regolato questo sentir nostro, ci pare di poterlo, sebbene in pochi cenni comprovare, istituendo un confronto fra Leon XII. e quell’altro Leone il Grande, di cui era divotissimo, e del quale seppe sebbene in troppo angusto spazio di tempo ristringere e ricopiare le nobili imprese. Certo fu più solenne e grande il teatro, sul quale mostrossi il primo, e non rade volte la venerazione e la stima acquista e con ragione un grado più eminente dalle circostanze favorevoli nelle quali grandiosa spicca la virtù dell’eroe celebrato. Ma non è però men grande e pregiato chi privo di tali circostanze adempie ogni giustizia, e percorre lo stesso sentiero di luce e verità. Zelator massimo, e maestro della cattolica sede promosse Leone il Grande l’ecumenico Concilio di Calcedonia, e parecchi altri particolari ne tenne a Roma e altrove, onde e Nestoriani, e Manichei ed Eutichiani condannare, e divider dalla Chiesa. Concilium magnum legitimum, così ne’ suoi Fasti cristiani il sommo Morcelli, Chalcedone celebratum est: Eutyches et
- ↑ Chrys. ib. p. 291. Così il Santo comincia una sua eloquentissima Omelia: in illud: Utinam sustineretis modicum quid insipientiae meae (II. ad Cor. XI. 1.)