[s.d., ma Recanati, fine di luglio 1819] |
Mio caro. Parto di qua senz’avertene detto niente, prima per-
chè tu non sia responsabile della mia partenza presso veruno;
poi perchè il consiglio giova all’uomo irresoluto, ma al risoluto
non può altro che nuocere: ed io sapeva che tu avresti disap-
provata la mia risoluzione, e postomi in nuove angustie col cer-
care di distormene. Sono stanco della prudenza, che non ci
poteva condurre se non a perdere la nostra gioventù, ch’è un
bene che più non si racquista. Mi rivolgo all’ardire, e vedrò se
da lui potrò cavare maggior vantaggio. Tuttavia questa delibe-
razione non è repentina; benché fatta nel calore, ho lasciato pas-
sare molti giorni per maturarla; e non ho avuto mai motivo di
pentirmene. Però la eseguisco. Era troppo evidente che se non
volevamo durar sempre in quello stato che abbonivamo, ci con-
veniva prendere questo partito; e tutto il tempo ch’è scorso non
è stato altro che mero indugio. Altro mezzo che questo non c’era:
convenia scegliere, e la scelta ben sapete che non poteva esser
dubbiosa. Ora che la legge mi fa padrone di me stesso,1 non
ho voluto più differire quello ch’era indispensabile secondo i
nostri principii. Due cagioni m’hanno determinato immediata-
mente, la noia orribile derivata dall’impossibilità dello studio,
sola occupazione che mi potesse trattenere in questo paese; ed
un altro motivo che non voglio esprimere, ma tu potrai facil-
mente indovinare. E questo secondo, che per le mie qualità sì
mentali come fisiche, era capace di condurmi alle ultime dispe-
razioni, e mi facea compiacere sovranamente nell’idea del sui-
cidio, pensa tu se non dovea potermi portare ad abbandonarmi
,i occhi chiusi nelle mani della fortuna. Sta bene, mio caro, e
,1 riguardo mio sta lieto, ch’io fo quello che doveva fare da molto
1 einpo, e che solo mi può condurre ad una vita se non contenta,
■il meno più riposata. Laonde se m’ami, ti devi rallegrare: e
quando io non guadagnassi altro che d’esser pienamente infe-