Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/621

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pare della miseria mia con queste odiose querele. Volendo ten- tare di vincere la mia nera fortuna, ho rotto la legge ch’io m’era imposta da gran tempo, che nessuno, fuori di me, dovesse venire a parte della infelicità mia. Perdonate; e se non potete altro, e in qualunque caso, conservatemi la vostra benevolenza; per- chè se la natura mi condanna al dispregio ch’io merito, e la for- tuna all’odio di molti che non merito, mi resti per ultima con- solazione l’amore di pochissimi.

Il vostro
Giacomo Leopardi
393. Di Giulio Perticare.
[Kal. aprii. 1821]

Cmo amico la vostra lettera m’ha passato il cuore; nè posso scrivere quanto è il mio rammarico nel vedere tanta virtù in istato sì lagrimoso. Ma è bisogno il far animo: il contrastare alla rea fortuna: il mostrarsi degno del nome di sapiente. Voi potete coll'opere del vfo ingegno meritarvi que’ premi eccelsi, che non pendono dall’arbitrio de’ potenti, nè dalla invidia, nè dalla malizia degl’impostori; siete nella condizione raris- sima del potervi far beato per voi stesso. Che cercate adunque? Macte nova virtute: sic itur ad astra. Ponete mano ad alcun lavoro che v’inse- gni a tutta Italia: la quale ha già concetta una grande speranza di voi: anzi voi solo conosce nella povera e nuda Marca. Lasciate tutta la tri- stezza e tutta la malinconia che vi opprime. La sapienza è una cosa lieta, ed altissima, che non s’inchina sui vani timori, e sulle più vane speranze del volgo. Credetemi. Vidi e conobbi anch’io le inique corti;1 più felice è quegli che più n’è lontano. Voi vorreste andare a Roma: e dove? al Vaticano. Queste parole sono magnifiche. Nè v’ha certo alcun uomo, da cui sien vinti quelli del Vaticano, e di Roma. Ma sapete pur voi che i nomi stanno, ed i suggetti si mutano? Ed io vi dico in verità di cuore, che Roma ha pochi ciotti: e che la rea semenza vi toglie il campo alla buona: sì che per dieci fichi vi fruttano mille sorbi. Molto meno poi vi piacerebbe quella nicchia, la quale chiedete nel Vaticano. Primamente io vi nego, che