piuttosto fanciulleschi che giovanili, sono indegni anche di me,
per pochissimo ch’io sia degno. In questi pochi versi V. S. dovrà
perdonare molti e gravi errori alla stampa di Roma, che detur-
pano la lingua, e talvolta guastano i sentimenti. Dovrà perdo-
nare anche a me una confidenza, ed è questa: che la terza can-
zone fu immediatamente proibita e confiscata per comando dello
stesso Viceré in tutto il Regno Lombardo-Veneto: la qual cosa
insieme colla canzone ho tenuto sempre nascosta a tutti i miei
parenti, che hanno opinioni ed inclinazioni molto diverse dalle
mie. E perciò solo ardisco di manifestare a V.S. questa circo-
stanza, affinch’Ella si compiaccia di usare in riguardo a questi
versi la sua prudenza. Desidero vivamente di poter esser buono
a qualche cosa di suo servizio, e a farmi perdonare la libertà
che prendo nell’offerirle un dono così meschino come questo.
Suo Dmo Obblmo Servitore Giacomo Leopardi |
Mio divino amico, Non puoi pensare di quanta consolazione
mi sia stato il rivedere i tuoi caratteri dopo tanto intervallo;
benché mi sconforti infinitamente l’intendere che i mali de’ tuoi
nervi durano ancora, contro quello che io sperava e che quasi
mi prometteva. Sempre ch’io penso a te (il che avviene ogni
giorno) e massimamente leggendo le tue lettere, mi prende un
desiderio incredibile di rivederti e riabbracciarti e conversar teco
lungamente, e mostrarti il mio cuore e contemplare il tuo, e se
non consolarti dei rigori della fortuna sottentrare ad alcuna parte
delle molestie e della tristezza che ti aggravano. Credi che que-
sto è il maggior desiderio ch’io m’abbia e ch’io sono determi-
nato di conseguire a ogni modo, subito ch’io divenga padrone
di qualche cosa. Ho veduto più volte monsign. Mai, che la prima
volta che mi vide mi domandò di te, dicendo che da gran tempo