passione che mi dimostri nelle mie disavventure. È ancor questa una
prova non equivoca della tua amorevolezza. Se potessimo essere insieme
verremmo sfogando reciprocamente le nostre pene, e da questa mutua
confessione forse ne’ saremmo alquanto consolati. Ma la mia disgra-
zia vuole, che neppur abbia un vero amico, ed intimo a cui possa con-
fidare tutti li miei guai, e riportarne consiglio, e conforto. Ciò fa sì
che non sono stato capace di scrivere alcuna cosa di buono sino ad
ora e mi sono limitato a far de’ studi soltanto. Quando l’animo non
è tranquillo l’ingegno divien torpido e non si presta facilmente alle
lettere. Ma vedo che anche questa volta ho chiuso la lettera con un
piagnisteo. Scusami caro Giacomo, se ti dò tedio, tù sei tanto buono,
e vorrai come mi dici divider meco le mie amarezze. Qualunque con-
solazione possa dare la filosofia, è inutile in certe tali circostanze, nelle
quali sembrano adunati tutti gl’estremi per rendere l’uomo inconsola-
bile. Addio Caro Giacomo, amami salutami Carlo, e digli che più non
pensi a quelle sciocchezze. Appena mi resta luogo a darti il buon capo
d’anno felicissimo. Addio Addio.
659. |
A Giuseppe Melchiorri. |
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Caro Peppino. Rispondo alla cara tua de’ 30 Decembre. Ti
ringrazio assai delle notizie sull’Eschilo e sull’Aniaduzzi. Ti rin-
grazio anche molto di quelle che mi dai sulle mie Canzoni, e
in particolare di quanto mi dici degli Arcadici. Ti assicuro che
io provo sempre un gran piacere quando sono informato del male
che si dice di me. Del resto poi, se gli Arcadici abbiano ragione
o torto, giudicherà il pubblico.
Ho già scritto costà per vedere di farti pagare in Roma gli
scudi 12.50 pagandoli io qua. Se questo non si potrà eseguire,
ve li manderò direttamente per la posta.
Quanto all’uso delle copie eusebiane, io vorrei che mi favo-
riste di farne aver quattro a Cancellieri, che potrà darle a qual-
che forestiere che se ne intenda. Se voi crederete che alcuno
di vostra conoscenza sia capace di gradirle o di leggerle, dispo-