Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/102

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innanzi che partisse di qua, è stato in casa di questo tale. Do- mando questo, perchè è venuto da me due volte uno, sotto il detto nome, raccontandomi tutte queste cose, lodando a cielo la mia famiglia, e domandandomi dei danari. Io l’ho creduto e lo credo un impostore. Avrei caro di sapere se le Tommasini sono ancora in Bologna, o partite per Parma; e se hai lettere di Stella. Mille e mille saluti alla tua cara famiglia. Amami come io t’amo con tutto il cuore. Addio, addio. Il tuo Leopardi

1103. Ad Antonio Papadopoli.
Firenze 3 Luglio 1827.

Mio carissimo Antonino. Dalla contessa intesi della tua disgra- zia, con gran compassione e dolore. Mi consola l’intendere che tu stai meglio, e il parlare spesso di te con Giordani e cogli altri tuoi amici e conoscenti di qui, dai quali sei stimato ed amato assai. Forse a quest’ora avrai potuto vedere lo Stella, il quale credo già ritornato a Milano. Io sono qui da due settimane, trat- tato con molta gentilezza dai Fiorentini, ma tristo per la cat- tiva salute, e in particolare per la malattia degli occhi, la quale mi costringe a starmene in casa tutto il dì, senza nè leggere nè scrivere. Non posso uscir fuori se non la sera al buio, come i pipistrelli. Starò qui tutta l’estate; l’inverno a Pisa, se io non mi sentirò troppo male; nel qual caso tornerò a Recanati, volendo morire in casa mia. Non so pcrchc vogli dubitare della mia costanza in tenermi lontano da quella donna. Quasi mi ver- gogno a dirti che essa, vedendo che io non andava più da lei, mandò a domandarmi delle mie nuove, ed io non ci andai; che dopo alcuni giorni, mandò ad invitarmi a pranzo, ed io non ci andai; che sono partito per Firenze senza vederla; che non l’ho mai veduta dopo la tua partenza da Bologna. Dico che mi ver- gogno a raccontarti questo, perchè par ch’io ti voglia provare una cosa di cui mi fai torto a dubitare. Certo che la gioventù,