innanzi che partisse di qua, è stato in casa di questo tale. Do-
mando questo, perchè è venuto da me due volte uno, sotto il
detto nome, raccontandomi tutte queste cose, lodando a cielo
la mia famiglia, e domandandomi dei danari. Io l’ho creduto
e lo credo un impostore. Avrei caro di sapere se le Tommasini
sono ancora in Bologna, o partite per Parma; e se hai lettere
di Stella. Mille e mille saluti alla tua cara famiglia. Amami come
io t’amo con tutto il cuore. Addio, addio.
Il tuo Leopardi
1103. |
Ad Antonio Papadopoli. |
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Mio carissimo Antonino. Dalla contessa intesi della tua disgra-
zia, con gran compassione e dolore. Mi consola l’intendere che
tu stai meglio, e il parlare spesso di te con Giordani e cogli altri
tuoi amici e conoscenti di qui, dai quali sei stimato ed amato
assai. Forse a quest’ora avrai potuto vedere lo Stella, il quale
credo già ritornato a Milano. Io sono qui da due settimane, trat-
tato con molta gentilezza dai Fiorentini, ma tristo per la cat-
tiva salute, e in particolare per la malattia degli occhi, la quale
mi costringe a starmene in casa tutto il dì, senza nè leggere nè
scrivere. Non posso uscir fuori se non la sera al buio, come i
pipistrelli. Starò qui tutta l’estate; l’inverno a Pisa, se io non
mi sentirò troppo male; nel qual caso tornerò a Recanati, volendo
morire in casa mia. Non so pcrchc vogli dubitare della mia
costanza in tenermi lontano da quella donna. Quasi mi ver-
gogno a dirti che essa, vedendo che io non andava più da lei,
mandò a domandarmi delle mie nuove, ed io non ci andai; che
dopo alcuni giorni, mandò ad invitarmi a pranzo, ed io non ci
andai; che sono partito per Firenze senza vederla; che non l’ho
mai veduta dopo la tua partenza da Bologna. Dico che mi ver-
gogno a raccontarti questo, perchè par ch’io ti voglia provare
una cosa di cui mi fai torto a dubitare. Certo che la gioventù,