Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/149

Da Wikisource.

so come la mia ignoranza di quella lingua mi permetterebbe di aver parte in quest’opera. Noi abbiamo qui nella Biblioteca Laurenziana il Canonico Bencini e l’Abate Morelli, che si occupano di collazioni di codici greci. Non ardisco rispondere della loro capacità, ma essi sono assolutamente i soli in Firenze, che potrebbero e vorrebbero incaricarsi di simili collazioni per servigio della sua nuova edi- zione de’ Bizantini. Dico questo per rispondere alle interroga- zioni che il Sig. Cav. de Bunsen mi ha fatte per di Lei commis- sione. A Ravenna non conosco onninamente alcuno che fosse abile a copiare gli Scolii di Aristofane. La scienza del greco in quella città è tanta, che quando mi fu presentato quel codice, e mi videro leggere francamente quel bellissimo carattere del io.° secolo, tutti gli astanti si guardarono in viso, e furono sor- presi come di un miracolo. Non la tratterrò delle poche nuove della nostra Italia, che potrebbero interessarla. Son certo che Ella n’è già istruita meglio di me. Ella conoscerà il Manifesto della nuova edizione del For- cellini, con aggiunte e correzioni in grandissimo numero, che s’intraprende a Padova.’ Pur troppo la lingua e lo stile di quel Manifesto non promette molto di questa edizione, e me ne dispiace per l’onor dell’Italia, e del mio amico Furlanetto, editore. Qui si aspetta con vera impazienza la traduzion francese del primo volume della sua Storia Romana. Posso assicurarla che in Italia si ha di quest’opera quell’alta idea che ne ha il resto d’Europa. Io la supplico di tutto cuore a conservarmi la sua benevo- lenza, e tener per costante, che io perderò forse presto, e certo volentieri, la vita; ma non prima della vita la memoria della sua bontà, e l’ammirazione de’ suoi meriti. Ilo l’onore di confermarmi

Suo umiliss. obbligatiss. servitore
Giacomo Leopardi

Firenze 27 Settembre 1827