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A Monaldo e Carlo Leopardi. |
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Carissimo Sig. Padre
Con molto piacere, perchè so bene che questo farà piacere
a Lei, le dico che in questi ultimi giorni, grazie a Dio, posso
piuttosto lodarmi della salute. Il fresco, che da principio ini aveva
turbato molto, ora mi riesce favorevole: e gii occhi, benché non
possano ancora leggere nè scrivere senza dolore, sono però miglio-
rati in modo, ch’io posso uscire di giorno: e così col moto e colla
distrazione, vengo anche acquistando di più.
Mi dispiace che la cara sua non mi sia giunta prima che l’al-
tro ieri. Essendo stato qui Bunsen, di passaggio per Berlino,
pochi giorni fa, avrei potuto parlargli a voce sopra ciò che Ella
mi scrive. Ma spero che lo rivedrò al suo ritorno, il quale sarà
presto, e gliene parlerò allora.
Quanto all’inverno, io sono ben risoluto di non passarlo in
Firenze. Questo clima non è molto freddo, ma infestato conti-
nuamente da venti e da nebbie. E simile in tutto e per tutto
al clima di Recanati, ma io non avrei qui la decima parte dei
comodi della casa propria. Subito che avrò potuto risolvermi
circa la mia partenza, gliene scriverò.
Della mia vita posso dirle solamente, che non fo altro che
divertirmi. Ho fatta una quantità di conoscenze di brave per-
sone: ho anche molti buoni amici, e il soggiorno tutto insieme
non mi dispiacerebbe se non fosse così lontano dai miei. -
Questo infernale inchiostro bianco mi strazia gli occhi, e però
conchiudo, pregandola a persuadersi dell’amore estremo ch’io
le porto, e domandandole la benedizione.
Il suo affettuosissimo figlio Giacomo |
Cariuccio mio
Parlai con Bunsen: mi disse che fino nell’ultima udienza aveva
ricordato al Segretario di Stato il nostro affare; che il Card.