Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/151

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1149. A Monaldo e Carlo Leopardi.
Firenze 4. Ottobre 1827.

Carissimo Sig. Padre Con molto piacere, perchè so bene che questo farà piacere a Lei, le dico che in questi ultimi giorni, grazie a Dio, posso piuttosto lodarmi della salute. Il fresco, che da principio ini aveva turbato molto, ora mi riesce favorevole: e gii occhi, benché non possano ancora leggere nè scrivere senza dolore, sono però miglio- rati in modo, ch’io posso uscire di giorno: e così col moto e colla distrazione, vengo anche acquistando di più. Mi dispiace che la cara sua non mi sia giunta prima che l’al- tro ieri. Essendo stato qui Bunsen, di passaggio per Berlino, pochi giorni fa, avrei potuto parlargli a voce sopra ciò che Ella mi scrive. Ma spero che lo rivedrò al suo ritorno, il quale sarà presto, e gliene parlerò allora. Quanto all’inverno, io sono ben risoluto di non passarlo in Firenze. Questo clima non è molto freddo, ma infestato conti- nuamente da venti e da nebbie. E simile in tutto e per tutto al clima di Recanati, ma io non avrei qui la decima parte dei comodi della casa propria. Subito che avrò potuto risolvermi circa la mia partenza, gliene scriverò. Della mia vita posso dirle solamente, che non fo altro che divertirmi. Ho fatta una quantità di conoscenze di brave per- sone: ho anche molti buoni amici, e il soggiorno tutto insieme non mi dispiacerebbe se non fosse così lontano dai miei. - Questo infernale inchiostro bianco mi strazia gli occhi, e però conchiudo, pregandola a persuadersi dell’amore estremo ch’io le porto, e domandandole la benedizione.

Il suo affettuosissimo figlio
Giacomo

Cariuccio mio Parlai con Bunsen: mi disse che fino nell’ultima udienza aveva ricordato al Segretario di Stato il nostro affare; che il Card.