1166.
Ad Antonio Papadopoli.
Pisa 14 Novembre 1827.
Caro il mio Papadopoli
Rispondo tardi all’affettuosa tua de’ venti di Settembre, rica-
pitatami dal Capponi. Ma tu sai come io sono stato degli occhi
per lo passato. Ora mi trovo un poco meglio, e non solo degli
occhi, ma del resto ancora. Sono venuto a Pisa, dove ho tro-
vata un’aria temperatissima, un vero autunno, dove che a Firenze
ho lasciato un vero inverno. Qui mi fermerò fino all’Aprile. Dio
sa quanto volentieri avrei tenuto il tuo invito di venire a Vene-
zia. Ma il viaggio era troppo lungo per me quest’anno, con questa
salute: basti dire che io non ho potuto fare questa poca via da
Firenze a Pisa, senza disagio notabile. Chi sa che io non possa
venire a riabbracciarti un altr’anno? Mi domandavi che gran
lavoro fosse quello per cui ti scriveva Giordani che io aveva
apparecchiati i materiali. Nessun lavoro determinato: ma io ho
dato un certo ordine a un grandissimo numero di materiali che
ho per lavori da determinarsi quando i materiali sieno a suffi-
cienza e la salute in migliore stato. Hai tu veduto le Operette
Morali e la prima parte della Crestomazia? Non so se io ti scri-
vessi che Stella era rimasto incantato e innamorato di te. Se
mi scrivi, dammi nuove della tua salute, de’ tuoi studi, de’ tuoi
pensieri. Voglimi sempre bene, come te ne voglio io, che t’amo
quanto me stesso. Addio addio.
il tuo Leopardi
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A Gian Pietro Vieusseux. |
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Mio caro Vieusseux. Vi ringrazio dell’amorosa vostra dei 13,
e della lettera dello Stella che ho ricevuta oggi. Voi mi fate insu-