Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/166

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perbire con quel che mi dite del desiderio che provate della mia compagnia. Dico insuperbire, perchè oramai fo molto più conto dell’affetto che della stima degli uomini; e però avrei maggior concetto di me stesso se mi credessi capace di farmi amare, che di farmi stimare. Del resto, mio caro Vieusseux, non avrete dif- ficoltà di credere che io sento, almeno altrettanto vivamente, la mancanza della compagnia vostra, della quale poche altre mi potrebbero compensare in qualunque luogo, ma qui certamente nessuna. - Confesso che Reynhold ebbe ragione di meravi- gliarsi della mia partenza così improvvisa; e siccome egli potrebbe chiamarsene un poco offeso, voi mi fareste un vero piacere, la prima volta che lo vedrete, di fargli i miei complimenti, e di scusarmi se non fui a visitarlo prima di partire; del che potrete addurgli liberamente la vera ragione, cioè che con quei freddi, io non aveva coraggio di andar molto attorno, e massimamente di passar l’Arno. - Qui si parla molto del decreto del Gran- duca sopra queste monache di S. Silvestro:1 ma voi sarete informato di quella storia assai meglio di me. - Salutatemi Giordani, e ringraziatelo della sua lettera, alla quale risponderò subito che avrò eseguite le sue commissioni; ma non ho ancora veduto il Carmignani, nè Mad. Vacca. - Addio, caro Amico: vogliatemi bene. Mille saluti a Montani. Addio addio.

1168. Di Carlo Pepoli.
[Bologna 17 9.° 1827]

Mio caro Amico Sino da quando tornai dalle Marche, e intesi che tu eri partito alla volta di Firenze, io me ne dolsi, perchè veramente desiderava abbrac- ciarti e star teco. Io poi me ne andai all’Eremo, e oziando in quella bellissima e solitaria collinetta, composi alcuni versi che prendono nome e qualità dalla mia dimora, e dove or lamentando le mie male venture or benedicendo la vita campestre, ora descrivendo una specie di visione piango la morte della giovinetta Stracchi: e ti lodo etc.1