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Di Monaldo Leopardi. |
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Recanati 2 [ma 6] Maggio 1828. |
Mio carissimo Figlio
Essendo alquanto tempo che non ricevo lett.e vostre desidero di
averle, e con esse le nuove della vra salute. Voi sapete che io ne sono
sempre molto sollecito, ma molto più in questa stagione la quale non
si dimostra molto benigna verso la nostra Famiglia. Paolina si ammalò
con gli orecchioni che la strapazzarono un poco, e dipoi finirono bene.
Indi si ammalò Pietruccio con febbre che mi diede breve apprensione,
ma ebbe fine lieto e sollecito. Così finirono benignamente quindici
delle mie solite febri di primavera che mi hanno strapazzato più che
negli ultimi anni. Piaccia però al Signore di accordare un esito uguale
alla am malatta di Luigi la quale mi dà infinita pena perchè di petto,
e finora resistente ai rimedii. Sapete quanto amo tutti voi, e quanto
mi trafigge ogni vostro male e pericolo, ma Iddio che vede il mio cuore
non lo lascerà senza consolazione. Carlo stà bene, e vi saluta. La
Mamma vi benedice con mè, ed io vi abbraccio mio carissimo Figlio
con tutto il cuore
vro affmo Padre
Monaldo Leopardi
Mio carissimo. Intendo che, pochi giorni sono, tu dimanda-
sti di me a Vieusseux, mostrando maravigliarti del mio lungo
silenzio. Io ho taciuto perchè delle cose altrui non so nulla, e
nulla potrei sapere in Pisa, che fosse d’importanza e che tu non
sapessi: delle cose mie, avrei voluto dirti qualche novità, come
sarebbe, che la vita mi riuscisse tollerabile: ma non ho mai avuto
da raccontarti se non le cose vecchie, colle quali non ho voluto
spezzarti gli orecchi. La mia vita è noia e pena: pochissimo posso
studiare, e quel pochissimo è noia medesimamente: se negli studi