Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/319

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1358. Di Carlo Leopardi.
[Recanati] 4 ybre 1828.

Sfogarmi? non sarebbe tanto misero l’uomo se all’età mia potesse ancora sfogarsi. Da vero, tu conosci ancora questa parola? quanto a me posso assicurarti che il mio cuore è come una bottiglia otturata; puoi rovesciarla quanto vuoi, resta sempre piena. Hai ragione di lagnarti che non t’ho scritto nulla - hai ragione: ma chi credi che sia più io? quello di una volta? oibò, sono stato tagliato a pezzetti - vivo la vita non so di chi, non è certo quella di Carlo ch’io vivo. Basta: se il mondo è questo per tutti, non v’è altro che passar via silenziosi sotto le cappe di piombo come i dannati di Dante. Sfogarsi! lamentarsi! e che so io se tu hai conosciuta l’infelicità come me? se no, a che serve il lamento? a ottener la compassione? cosa utile davvero! non v’è che il tratteni- mento fra due che abbian veduta la stessa visione orribile - questo solo merita d’esser fatto. Una volta forse parleremo, ma ancora è troppo presto. Lasciami prima giunger bene a credere che il passato è vero - Quanto al resto, vieni e vedrai. Troverai quel che rimane di me tutto tuo, e ne farai quel che ti piacerà. Addio; amami.

1359. Di Giovanni Rosini.
[Pisa 5 Settembre 1828. -]

A.C. Eccovi il seguito, anzi la fine della Quarantina. -1 Ditemi quel che vi pare dell’Ombra della Monaca uccisa, che le pare comparirle avanti - Il Poerio seguita a dirmi che gli ci pare troppo comico - già Tres mihi convivete - e così sarà sempre. - La Vaccà è in campagna: la Lau- retta si aspetta a giorni. G. Rosini Salutate gli amici. Pisa 5 Settembre 1828. -