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Di Antonietta Tommasini. |
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Caro Amico
Io non anelerò in cerca di belle frasi, per indurvi a cedere ai mici
consigli: ma vi parlerò brevemente, e semplicemente. Dico adunque
che non dovete esser alieno da ciò, di che vi parla Maestri; benché
questo sia forse per recarvi fatica, essendo cosa alquanto lontana dai
vostri studii. Vi conforti, mio buon Amico, quel sommo vostro inge-
gno, a cui nulla può esser difficile. E vi conforti pure la certezza che
i miei concittadini tengono il vostro nome in altissima onoranza. Deh
non fate che abbiano a patire il danno di non avervi tra i loro maestri!
Ritenete che quando sarete a Parma non sarà difficile l’ottenere un
cambiamento di posto quale più vi piacesse di avere. Dopo le cose qui
premesse aggiungo l’ultima; ed è il dolore ch’io e la mia famiglia pro-
veremmo vedendoci tolto un bene al quale abbiamo diritto di sperare.
Se Maestri, e mio marito, non vi scrivessero aggiugnerei altre cose:
ma ora a me basterà che sappiate ch’io sono non l’ultima nella mia
famiglia in fare caldi voti perchè accettiate ciò che vi viene offerto.
Attendo un vostro riscontro con quella impazienza d’animo ch’è pro-
pria di quelli che sentono fortemente. Addio, addio, vivete sano, e
raccogliete intanto, mio ottimo Amico, tutta quella forza morale che
vi è necessaria, onde uscire da un luogo nel quale dovete vivere infe-
lice. La mia salute è sempre discreta, quando non peggiora. Desidero
frequenti notizie della vostra e bramo d’essere certa che voi vivete,
se non bene, il meno male possibile. La vera salute non sono certi di
goderla che gli uomini di poco cuore: è quindi provato che noi non
potremo star bene. Addio.
La vostra aff.™ Amica
Antonietta Tommasini