Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/453

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a fidanza con Voi; parlando con soli termini di affezione a un uomo, di cui anche i sommi parlano con riverenza. Ma io parlo così, perchè parlo direttamente a Voi, che mi avete vietato di favellarvi per altra guisa, e perchè l’affetto, e non vaghezza di onore è il motivo più prin- cipale che mi rende desiderabile la vostra amicizia, e m’invoglia di con- servarla. Non ho ancora ripigliati seriamente gli studj miei, che dor- mono da più mesi: fo dei disegni ma ho paura che d’ora innanzi io non mi risolva d’altro, che di far disegni, e nulla eseguire. Voi mi richie- dete di scrivere per l’antologia a nome del sig. Vieusseux. Riveritelo da parte mia; e ringraziatelo del buon concetto in cui mi tiene, e del- l’onore che vuol farmi, invitandomi ad inserire il mio nome nel suo giornale. Ma io non posso accettare almeno per ora una profferta così gentile, a mal grado delle lodi, che vi piacque di dare al mio modo di scrivere; le quali io reputo sincerissime, venendo da Voi, ma non giuste, perdonatemi, riguardo a me, sapendo come l’umanità e l’in- dulgenza di un animo benevolo come il vostro possa far velo al più squisito, ed esercitato giudizio. Prima di scrivere mi conviene impa- rare l’arte difficile dello stile in genere; e poi dello stile italiano; il che rispetto all’età mia, alla debolezza della mia salute e del mio ingegno, è così ardua impresa, che mi dispero quasi di riuscirvi, anche dopo un lungo studio. E acciocché non mi crediate mosso da troppa mode- stia in questo giudicio che porto di me stesso, vi confesso che mi par già d’essere in grado di conoscere il buono negli scritti degli altri, e avere il sapore della lingua; ma siccome dal conoscere al fare ci ha molto intervallo, così mi trovo inetto ad esprimere sulla carta quel concetto di chiarezza, proprietà, ed eleganza nel dire, che ho informato nella mente. E la difficoltà mi riesce ancor più grande, quando si tratti di cose filosofiche, che sono per lo più sottili, astruse, e come dire aeree, e aliene dall’intelletto, e dalla favella del volgo: per le quali, a voler parlar chiaro, bisogna quasi creare una nuova lingua; e, a parlar bene, far sì che questa nuova lingua sia pure italiana. E a dirvi il vero, non fui mai così incapace di questa doppia difficoltà, quanto dopo lette le vostre operette morali, dove la superaste con tanta maestria; impe- rocché riscontrando colla meditazione meco medesimo quanto leggeva nel libro, veniva, per dir così, rinnovando in me i vostri pensieri, ma questi mi riuscivano vestiti di un linguaggio al tutto diverso, che mi facea maravigliare, e ammirare il sommo artifizio, e l’eccellenza di quello, che adoperaste voi. Aggiugnete altri ostacoli, che per me trovo gravissimi a bene impratichirmi della lingua nostra, cioè, il dover leg-