1748. |
A Paolina Leopardi. |
|
[Firenze] 22 Maggio 1832. |
Cara Pilla. Coll’ultimo ordinario ti mandai per la posta, sotto
buone raccomandazioni, il pus che Carlo desiderava, cioè un
filo intriso in ottimo pus venuto da Milano, ed avuto da me
per mezzo di uno de’ primi medici di Firenze, che mi ha assicu-
rato della sua qualità. La moglie di questo medico era per man-
dare questo medesimo filo ad un suo fratello, che vuol fare ino-
culare il vaccino ai suoi figliuoli; e per farmi un piacere lo ha
ceduto a me; aspettando di averne qui dell’altro della stessa sorta.
Il med. medico mi dice che tutte le stagioni son buone per l’in-
nesto del vaccino, salvo solamente le eccessive, che consistono
per lo più in pochi giorni. - Ringrazia il Papà delle Prediche
di D. Muso duro,1 che ho ricevute insieme colla sua del primo
maggio,’ ultima che ho da casa. Scrivimi un poco qualche
volta, e dammi le nuove del Papà, della Mamma, di Carlo, di
Pietruccio, tue e di Recanati, ma tutte, e con particolarità. Io
sto benino, e se anche sto male, non penso più alla salute.
Abbiamo però una stagione infamissima, più fredda che a Roma
questo gennaio. Giorni sono, il termometro in poche ore preci-
pitò per 15 gradi. Addio, cara Pilla.
Io non saprei mai dirvi quanto mi abbia rallegrato la vostra
amabilissima lettera dei 26 Aprile, mio carissimo ed egregio
amico, e con quanta gratitudine io abbia quivi veduto il conto
che Voi mi date delle infinite e inapprezzabili cure da Voi prese
per far della riputazione al vostro amico. Mi duole però molto,
che Voi siate sì laconico sul conto vostro, tanto più che mi dite