1886. |
A Monaldo Leopardi. |
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Mio caro Papà. Sono stato lungamente senza scriverle, ver-
gognandomi di non poterle avvisare l’epoca della mia partenza;
sebbene la vergogna sarebbe cessata se avessi potuto raggua-
gliarla per lettera di tutti gl’imbarazzi che mi hanno a viva forza
soprattenuto, sempre nella speranza e nella ferma risoluzione
di partire di giorno in giorno. Oggi tale ragguaglio, se fosse pos-
sibile, sarebbe inutile, perchè glielo farò io a voce fra poco, e
so bene ch’Ella mi darà ragione. Intanto la cura de’ miei occhi,
grazie a Dio, è andata assai bene, e sono, si può dir, guariti del
male esterno: l’interno non è curabile.
Oltre Tessermi già servito dei soliti col.' 25. che doveano
scadere a Sett., io sono stato costretto a trarre ancora sopra Io
zio Alitici un’altra cambialetta straordinaria per col. 33. pari
a ducati 40. pagabili alla fine del corrente. Con questa somma
verrò accomodando le mie cose nei pochi giorni che dovrò rima-
nere ancora, e supplirò alle interminabili spese che precedono
un viaggio. Poi, o di qua, o personalmente a Roma presso lo
zio, dovrò pure valermi sopra la famiglia di quello che impor-
terà strettamente il viaggio stesso. Difficilmente le potrei signi-
ficare quanto mi pesino e mi attristino questi incomodi che sono
obbligato a recar loro: e schiettamente le dico che una delle forti
ragioni che mi hanno fatto indugiare fin qui, è stata la speranza
di pur raccapezzare qualche moneta per fare il viaggio senza
loro aggravio. Ma ogni mio sforzo essendomi venuto fallito, spero
che Ella e la Mamma, a cui desidero che la presente sia comune,
mi perdoneranno un ardire al quale sono costretto da un’estrema
necessità, e di cui non mi consola che il pensiero di presto riab-
bracciarli. Sono breve per la solita causa degli occhi. All’uno
e all’altra bacio mille e mille volte la mano.
Il loro Giacomo.