Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/846

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1949. A Monaldo Leopardi.
[Napoli] Di villa 11 Die. 1836.

Mio caro Papà. Io non sapeva come interpretare l’assoluta mancanza di ogni riscontro di costà, in cui sono vissuto fino a oggi che dalla posta mi vengono 7 lettere, tra le quali le sue care dei 22 Ott. e dei 10 Nov.,1 e che coi miei infelicissimi occhi incomincio la pre- sente. La confusione causata dal choléra, e la morte di 3 impie- gati alla posta, potranno forse spiegarle questo ritardo. Rendo grazie senza fine a Lei ed alla Mamma della carità usatami dei 41 colonnati. Il tuono delle sue lettere alquanto secco, è giu- stissimo in chi fatalmente non può conoscere il vero mio stato, perch’io non ho avuto mai occhi da scrivere una lettera che non si può dettare, e che non può non essere infinita; e perchè certe cose non si debbono scrivere ma dire solo a voce. Ella crede certo ch’io abbia passati fra le rose questi 7 anni, ch’io ho pas- sati fra i giunchi marini. Quando la Mamma conoscerà che il trarre per una sovvenzione straordinaria non può accadermi e non mi è accaduto se non quando il bisogno è arrivato all’arti- colo pane; quando saprà che nessuno di loro si è mai trovato in sua vita, nè, grazie a Dio, si troverà in angustie della terri- bile natura di quelle in cui mi sono trovato io molte volte senza nessuna mia colpa; quando vedrà in che panni io le tornerò davanti, e saprà ancora che il rifiuto di una cambiale significa protesto, e il protesto di una mia cambiale, non potendo io ripa- gare l’equivalente somma, significa pronto arresto mio perso- nale; forse proverà qualche dispiacere dell’ostile divieto che lo Zio Antici mi annunzia in una dei 6 Nov.2 che mi giunge in- sieme colle due sue. Mi è stato di gran consolazione vedere che la peste, chia- mata per la gentilezza del secolo choléra, ha fatto poca impres- sione costì. Qui, lasciando il rimanente della trista storia, che gli occhi non mi consentono di narrare, dopo più di 50 giorni