Pagina:Morselli - L'uccisione pietosa (L'eutanasia), Torino, Bocca, 1928.djvu/201

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Disputano i giuristi sulla “capacità negoziale„ del consenziente ad un’operazione grave; bisogna, essi dicono, che il soggetto sia in grado di disporre di sè medesimo, sia libero veramente di rinunziare alla protezione giuridica pel caso che l’operazione leda definitivamente la sua integrità corporea o gli possa togliere la vita: e dico “corporea„ perchè nessuno accetterebbe mai un intervento che si sapesse ledergli l’integrità mentale. Ma io parteggio qui la opinione del Grispigni; il soggetto consenziente non rinunzia già alla protezione della propria persona ed esistenza perchè queste siano minacciate: anzi, qualora il chirurgo commettesse nell’operare atto di imperizia o trascuranza, egli è pronto, se soppravvive a quel nocumento, a domandare indennizzo e sanzione contro l’imperito o l’incauto sanitario: e qualora l’operato morisse, son pronti a farlo i suoi parenti od eredi. Quella rinunzia alla propria integrità è rilasciata in vista di una probabile continuazione della vita; e dato pure che il soggetto sappia (per lo più glielo si nasconde) che l’operazione può arrecare la morte anzichè la salvezza, egli si sottopone all’atto colla speranza di scampo, o almeno con la prospettiva di addolcire i proprî mali.

Disporre della propria persona a scopo salutare è lecito, è giuridicamente assiomatico, è umanamente concepibile, è socialmente utile: ma ben altro è il caso di disporre della propria vita, anche se questa è angu-