Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/678

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libro vigesimoquarto 297

Fine, che in vece ti prescrisse il fato!
     Felice te, gli rispondea l’Atride,45
Figlio di Peleo, Achille ai Numi eguale,
Te, che a Troja cadesti, e lunge d’Argo,
E a cui de’ Greci, e de’ Troiani i primi,
Che pugnavan per te, cadeano intorno!
Tu de’ cavalli immemore, e de’ cocchi,50
Cadaver grande sovra un grande spazio,
Giacevi in mezzo a un vortice di polve;
E noi combattevam da mane a sera,
Nè cessava col dì, credo, l’atroce
Pugna ostinata, se da Giove mosso55
Gli uni non dividea dagli altri un turbo.
Tosto che fuor della battaglia tratto,
E alle navi per noi condotto fosti,
Asterso prima il tuo formoso corpo
Con tepid’acque, e con fragranti essenze,60
Ti deponemmo in su funébre letto;
E molte sovra te lagrime calde
Spargeano i Danai, e recideansi il crine.
Ma la tua madre, il grave annunzio udito,
Del mare uscì con le Nereidi eterne,65
E un immenso clamor corse per l’onde,
Tal che tremarsi le ginocchia sotto
Gli Achei tutti sentiro. E già salite