Pagina:Poe - Perdita di fiato, traduzione di A.C. Rossi, Bottega di Poesia, Milano, 1922.djvu/44

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pisce che certe circonlocuzioni e certe parentesi potrebbero svegliare questa collera. Questa fuggitiva idea è sufficiente. L’impulso diventa una voglia, la voglia un desiderio, il desiderio una tentazione tirannica, e alla tentazione (con profondo rincrescimento e mortificazione e sfidando ogni conseguenza) si finisce per cedere.

Abbiamo innanzi a noi un compito che richiede sollecita esecuzione. Sappiamo che ogni indugio sarebbe rovinoso. La crisi più importante della nostra vita reclama da noi, a note squillanti, un’azione immediata ed energica. Noi bruciamo, noi siamo consumati dal desiderio di cominciare il lavoro, dei cui gloriosi risultati, la sola aspettazione mette la nostra anima in fiamme. Deve essere intrapreso oggi, e lo sarà: e tuttavia lo rimandiamo all’indomani, e perchè? non c’è risposta, salvo che noi ci sentiamo in quel giorno perversi, usando la parola senza comprensione del principio. L’indomani arriva, e insieme a lui una più ansiosa impazienza di compiere il nostro dovere, ma proprio insieme a questo accrescersi dell’ansia sorge anche un desiderio senza nome, un desiderio positivamente spaventoso, perchè incomprensibile, di indugiare. — Questo desiderio cresce di forza a misura che i momenti fuggono. L’ora estrema dell’azione sta per giungere. Noi tre-