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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/215

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   190 libro quarto

che fosse morto. Dalla qual notizia cavando vantaggio i Palizzi, famiglia potentissima di Sicilia, unironsi con molti parenti loro, co’ Da Lentini, co’ Ventimiglia e cogli Abati, e s’impadronirono di Messina. E siccome la casa di Aragona era venuta loro in odio ed a sazietà, mandarono oratori, di parte loro e dell’Università di Messina, a Re Roberto in Napoli per giurargli ubbidienza ed omaggio. Ma quando i loro messi vi giunsero, trovarono che il re, travagliato dal mal di morte, dava gli ultimi tratti. Roberto testò (1343) che avesse il retaggio dei suoi Stati Giovanna sua nipote, figliuola primogenita del morto Duca di Calabria, e moglie di Andrea di Ungheria. E dispose che durante la costei minorità tenesse il baliato del Regno la regina Sancia d’Aragona sua moglie; e le fossero Consiglieri il gran Cancelliere del Regno Filippo Vescovo Cavillocense, e tre altri signori regnicoli, di conosciuta prudenza, probità e fedeltà.

Dopo la morte del Re la città di Napoli fece subito gridar per tutto il nome di Giovanna e di Andrea. Ma si vide in breve quanta gran differenza fosse dal governo di Roberto a quello de’ suoi successori. L’unghero Fra Roberto, messo da banda l’assunto di maestro di lettere del giovine Andrea, si era gittato di peso nelle ghiotte brighe governative, e lasciava trarsi alla smania di fare in Corte il soprastante. Costui era anima e capo degli Ungheri, i quali da lui favoriti e diretti, si trassero in mano la somma delle cose; e vennero a poco a poco scostando dal regio Consiglio tutti i più fidati ed onesti familiari di re Roberto. In questo mentre la Sicilia, dove tornati i messi de’ Palizzi annunziato avevano la morte di Roberto, andava tutta in fiamme e sottosopra. In Messina specialmente la sedizione era al colmo; perchè i Palizzi, cui il Duca Giovanni aveva cacciati, vi ritornarono dopo la sua morte ardenti di rabbia e di vendetta. Stava allora il governo dell’isola nelle deboli ed inesperte mani di re Lodovico e della regina Elisabetta. Nè a comprimer la rivoluzione messinese bastò l’opera di Blasco d’Alagona, che vi si era condotto col Re: imperciocchè i Palizzi a questi ed a quello vietarono l’entrata in Messina. Dopo di che l’Alagona, per fare un colpo sopra questa città, si prese a stipendio otto galee genovesi; ma queste, tentate a tempo da’ Messinesi, non giunsero appena a Messina che si accordarono co’ Palizzi. Questa disdetta, quantunque fosse tornata a Blasco assai fastidiosa, nol fece però cader d’animo; anzi egli colle sole navi aragonesi si preparò ad oppugnar Messina. Ma non sì tosto gli Aragonesi furono a vista della città, che i Messinesi, congiunte con due loro galee le otto genovesi, si ordinaro-