Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/330

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sommo pontefice Paulo Quarto, il cardinale di Carpi cercò che fusse da Sua Santità data a finire a Daniello la detta sala dei re, ma non si dilettando quel papa di pitture, rispose essere molto meglio fortificare Roma che spendere in dipignere, e così avendo fatto mettere mano al portone di Castello, secondo il disegno di Salustio, figliuolo di Baldassarre Peruzzi sanese, suo architetto, fu ordinato che in quell’opera, la quale si conduceva tutta di trevertino a uso d’arco trionfale magnifico e sontuoso, si ponessero nelle nicchie cinque statue di braccia quattro e mezzo l’una; per che, essendo ad altri state allogate l’altre, a Daniello fu dato a fare un Angelo Michele. Avendo intanto monsignor Giovanni Riccio cardinale di Monte Pulciano deliberato di fare una capella in San Pietro a Montorio, dirimpetto a quella che aveva papa Giulio fatta fare con ordine di Giorgio Vasari, et allogata la tavola, le storie in fresco e le statue di marmo che vi andavano a Daniello, esso Daniello, già resoluto al tutto di volere abandonare la pittura e darsi alla scultura, se n’andò a Carrara a far cavare i marmi, così del San Michele come delle statue aveva da fare per la capella di Montorio, mediante la quale occasione, venendo a vedere Firenze e l’opere che il Vasari faceva in palazzo al duca Cosimo e l’altre di quella città, gli furono fatte da infiniti amici suoi molte carezze e particolarmente da esso Vasari, al quale l’aveva per sue lettere raccommandato il Buonarroti. Dimorando adunque Daniello in Firenze e veggendo quanto il signor Duca si dilettasse di tutte l’arti del disegno, venne in disiderio d’accommodarsi al servigio di sua eccellenza illustrissima; per che, avendo adoperato molti mezzi et avendo il signor Duca a coloro che lo raccomandavano risposto che fusse introdotto dal Vasari, così fu fatto. Onde Daniello offerendosi a servire sua eccellenza amorevolmente, ella gli rispose che molto volentieri l’accettava e che, sodisfatto che egli avesse agl’oblighi ch’aveva in Roma, venisse a sua posta che sarebbe veduto ben volentieri. Stette Daniello tutta quella state in Firenze, dove l’accommodò Giorgio in una casa di Simon Botti suo amicissimo; là dove in detto tempo formò di gesso quasi tutte le figure di marmo che di mano di Michelagnolo sono nella sagrestia nuova di San Lorenzo, e fece per Michele Fuchero fiamingo una Leda che fu molto bella figura. Dopo, andato a Carrara e di là mandati marmi che voleva alla volta di Roma, tornò di nuovo a Fiorenza per questa cagione. Avendo Daniello menato in sua compagnia, quando a principio venne da Roma a Fiorenza, un suo giovane chiamato Orazio Pianetti, virtuoso e molto gentile, qualunche di ciò si fusse la cagione, non fu sì tosto arrivato a Fiorenza, che si morì. Di che sentendo infinita noia e dispiacere Daniello, come quegli che molto, per le sue virtù, amava il giovane, e non potendo altrimenti verso di lui il suo buono animo mostrare, tornato quest’ultima volta a Fiorenza, fece la testa di lui di marmo dal petto in su, ritraendola ottimamente da una formata in sul morto, e quella finita la pose con uno epitaffio nella chiesa di San Michele Berteldi in sulla piazza degl’Antinori. Nel che si mostrò Daniello, con questo veramente amorevole uffizio, uomo di rara bontà et altrimenti amico agl’amici di quello che oggi si costuma communemente, pochissimi ritrovandosi che nell’amicizia altra cosa amino che l’utile e commodo proprio. Dopo queste