Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/331

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cose, essendo gran tempo che non era stato a Volterra sua patria, vi andò prima che ritornasse a Roma e vi fu molto carezzato dagl’amici e parenti suoi; et essendo pregato di lasciare alcuna memoria di sé nella patria, fece in un quadrotto di figure piccole la storia degl’innocenti, che fu tenuta molto bell’opera, e la pose nella chiesa di San Piero; dopo, pensando di non mai più dovervi ritornare, vendé quel poco che vi aveva di patrimonio a Lionardo Ricciarelli suo nipote, il quale essendo con esso lui stato a Roma et avendo molto bene imparato a lavorare di stucco, servì poi tre anni Giorgio Vasari in compagnia di molti altri nell’opere che allora si fecero nel palazzo del Duca. Tornato finalmente Daniello a Roma, avendo papa Paolo Quarto volontà di gettare in terra il Giudizio di Michelagnolo per gli ignudi che li pareva che mostrasseno la parti vergognose troppo disonestamente, fu detto da cardinali et uomini di giudizio che sarebbe gran peccato guastarle e trovoron modo che Daniello facesse lor certi panni sottili che le coprissi, che tal cosa finì poi sotto Pio Quarto con rifar la Santa Caterina et il San Biagio, parendo che non istesseno con onestà. Cominciò le statue in quel mentre per la capella del detto cardinale di Monte Pulciano et il San Michele del Portone, ma nondimeno non lavorava con quella prestezza che arebbe potuto e dovuto, come lui che se n’andava di pensiero in pensiero. Intanto, dopo essere stato morto il re Arrigo di Francia in giostra, venendo il signor Ruberto Strozzi in Italia et a Roma, Caterina de’ Medici reina, essendo rimasa reggente in quel regno, per fare al detto suo morto marito alcuna onorata memoria, commise che il detto Ruberto fusse col Buonarroto e facesse che in ciò il suo disiderio avesse compimento; onde, giunto egli a Roma, parlò di ciò lungamente con Michelagnolo, il quale non potendo, per essere vecchio, tòrre sopra di sé quell’impresa, consigliò il signor Ruberto a darla a Daniello, al quale egli non mancarebbe né d’aiuto né di consiglio in tutto quello potesse. Della quale offerta facendo gran conto lo Strozzi, poi che si fu maturamente considerato quello fusse da farsi, fu risoluto che Daniello facesse un cavallo di bronzo tutto d’un pezzo, alto palmi venti dalla testa insino a’ piedi e lungo quaranta incirca, e che sopra quello poi si ponesse la statua di esso re Arrigo armato e similmente di bronzo. Avendo dunque fatto Daniello un modelletto di terra secondo il consiglio e giudizio di Michelagnolo, il quale molto piacque al signor Ruberto, fu scritto il tutto in Francia et in ultimo convenuto fra lui e Daniello del modo di condurre quell’opera, del tempo, del prezzo e d’ogni altra cosa; per che, messa Daniello mano al cavallo con molto studio, lo fece di terra, senza fare mai altro, come aveva da essere interamente. Poi, fatta la forma, si andava apparecchiando a gettarlo, e da molti fonditori, in opera di tanta importanza, pigliava parere d’intorno al modo che dovesse tenere perché venisse ben fatta, quando Pio Quarto, dopo la morte di Paolo stato creato pontefice, fece intendere a Daniello volere - come si è detto nella vita del Salviati - che si finisse l’opera della sala de’ re e che perciò si lasciasse indietro ogni altra cosa; al che rispondendo Daniello, disse essere occupatissimo et ubligato alla reina di Francia, ma che farebbe i cartoni e la farebbe tirare inanzi a’ suoi giovani, e che oltre ciò farebbe anch’egli la parte sua. La quale