Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/129

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Alcuni isolotti montuosi, molto scoscesi, molto pittoreschi, toglievano ai passeggieri la vista della grande isola.

La domane, alle quattro del mattino, il Rangoon, che aveva guadagnato mezza giornata sul suo tragitto regolamentare, poggiava a Singapore, a fine di rinnovarvi la sua provvista di carbone.

Phileas Fogg annotò questa anticipazione nella colonna dei guadagni, e stavolta scese a terra, accompagnando mistress Auda, che aveva manifestato il desiderio di passeggiare per qualche ora.

Fix, al quale qualunque azione di Fogg sembrava sospetta, lo seguì senza lasciarsi scorgere.

Quanto a Gambalesta, che rideva in petto a vedere la manovra di Fix, egli andò a fare le sue solite compere.

L’isola di Singapore non è nè grande nè di aspetto imponente. Mancando di montagne, le mancano i profili; tuttavia è graziosa nella sua magrezza: è un parco intersecato da belle strade. Un bell’equipaggio, tirato da quei cavalli eleganti importati dalla nuova Olanda, trasportò mistress Auda e Phileas Fogg in mezzo ai boschetti di palmizi, dallo splendido fogliame, e di garofani le cui teste sono formate dal bocciuolo stesso del fiore socchiuso. Là i cespugli di pepe surrogavano le siepi spinose delle campagne europee; i sagù e le grandi felci dai rami superbi variavano l’aspetto di quella regione tropicale; moscati dal fogliame inverniciato impregnavano l’aria di un profumo penetrante. Le scimmie, bande vigili e smorfiose,