Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/130

Da Wikisource.

non mancavano nei boschi, nè forse le tigri nelle jungle. Se alcuno si meravigliasse di sentire che in quell’isola, sì piccola relativamente, questi terribili carnivori non siano distrutti fino all’ultimo, risponderemo che essi ci vanno da Malacca, attraversando lo stretto a nuoto.

Dopo aver percorso la campagna durante due ore, mistress Auda e il di lei compagno, che guardava un pochino senza vedere, rientrarono nella città, vasta agglomerazione di case tozze e basse, circondate da incantevoli giardini dove germogliano le manguste, gli ananas e tutti i migliori frutti del mondo.

A dieci ore facevano ritorno al piroscafo, dopo essere stati seguiti, senza pur sospettarlo, dall’ispettore, che aveva dovuto anch’esso far le spese di una carrozza.

Gambalesta li aspettava sul ponte del Rangoon. Il bravo giovane aveva comperato alcune dozzine di manguste, grosse come mele mezzane, di un bruno scuro al difuori, di un rosso vivo al didentro, ed il cui frutto bianco, liquefacendosi tra le labbra, procura ai buongustai un godimento impareggiabile. Gambalesta fu ben felice di offrirle a mistress Auda, che lo ringraziò con bel garbo.

Alle undici, il Rangoon, rifornito di carbone, scioglieva i suoi ormeggi, e da lì a poche ore i passeggieri perdevano di vista quelle alte montagne di Malacca, le cui foreste albergano le più magnifiche tigri della terra.

Milletrecento miglia all’incirca separano Singapore dall’isola di Hong Kong, piccolo territorio inglese staccato dalla costa cinese. Phileas Fogg aveva interesse a percorrerla in sei giorni al più, affine di