Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/131

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pigliare a Hong-Kong il battello che doveva partire il 6 novembre per Yokohama, uno dei principali porti del Giappone.

Il Rangoon era molto carico. Buon numero di passeggieri si era imbarcato a Singapore: Indù, Cingalesi, Cinesi, Malesi, Portoghesi, che per la maggior parte occupavano i secondi posti.

Il tempo, bellino sin allora, cangiò con l’ultimo quarto di luna. Ci fu mar grosso. Il vento soffiò a volte in gagliarda brezza, ma molto fortunatamente da parte di sud-est, il che favoriva il cammino dello steamer. Quando il vento era maneggevole, il capitano faceva spiegar le vele. Il Rangoon, guarnito a brigantino, navigò sovente colle sue due gabbie e il trinchetto, e la sua rapidità si accrebbe sotto la duplice azione del vapore e del vento. In tal modo si rasentarono, sopra onde corte e talvolta molto affaticanti, le coste di Annam e della Cocincina.

Ma la colpa era piuttosto del Rangoon che del mare, e i passeggieri, di cui la maggior parte furono ammalati, dovettero pigliarsela col piroscafo per quello strapazzo.

Infatti, le navi della compagnia peninsulare che fanno il servizio dei mari della Cina hanno un serio difetto di costruzione. La proporzione della loro immersione a nave carica con la loro altezza di puntale è stata mal calcolata, e quindi essi non offrono che una debole resistenza al mare. Il loro volume chiuso, impenetrabile all’acqua, è insufficiente. Sono «annegati,» per adoperare l’espressione marittima» e, per effetto di tale disposizione, non ci vogliono che pochi sbuffi di mare gettati a bordo per modificare la loro andatura. Queste navi sono dunque molto inferiori,