Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/427

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Parlava del Bourdoncle e degli altri cointeressati, come se non fosse lui il padrone.

— Ah! — mormorò il Bouthemont un po’ inquieto.

— Sí, sí, ne parleremo... Aspettatemi, ce ne andremo insieme.

Enrichetta s’era messa di nuovo a sedere, e stava a sentire il Vallagnosc che le annunziava la visita probabile della De Boves; ma non levava gli occhi di dosso al Mouret, il quale, ammutolito, guardava i mobili e il soffitto. Poi, da che ella si lamentava, ridendo, di non aver piú altro che uomini al suo tè delle quattro, a lui scappò detto:

— Credevo che ci fosse il barone.

Sentí subito egli stesso la villania della frase, e si volle correggere:

— Il barone è dei piú fedeli... è un uomo che sa il conto suo!

Enrichetta s’era fatta pallida: lo sapeva che lui veniva soltanto per trovarsi insieme col barone; ma avrebbe potuto fare a meno di gettarle a quel modo la sua noncuranza sul viso.

La porta s’era aperta proprio allora, e il cameriere stava dritto dietro lei. Quando l’ebbe interrogato con un moto del capo, le si chinò all’orecchio e le disse a voce bassa:

— È per quel mantello. La ragazza è venuta.

Ma Enrichetta alzò la voce in modo che la sentissero, e tutta la sua bile di gelosia si sfogò nel dire sprezzantemente:

— Aspetti!

— Devo farla entrare nell’abbigliatoio della signora?

— No, no, resti nell’anticamera!

E quando il cameriere se ne fu andato, si ri-


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