Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/429

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Il Mouret non pensò neppure a difendere il magazzino; non le levava gli occhi di dosso, e cercava persuadere se stesso ch’ella non avrebbe forse osato tanto. Toccò al Bouthemont a difendere il Paradiso.

— Se tutte le signore eleganti che si vestono da noi l’andassero a ridire, — replicò sorridendo — sentireste che clientela!... Ordinateci un vestito dandoci le misure, e non sfigurerà accanto a quelli della Sauveur; e lo pagherete la metà. Ma siccome costerà meno, parrà anche meno bello.

— Dunque non vi torna bene? — riprese la De Boves. — Mi ricordo ora la ragazza... Nell’anticamera è un po’ buio.

— Anch’io — disse la Marty — pensavo dove l’avessi vista un’altra volta... Andate, andate; fate pure il vostro comodo.

Enrichetta ebbe un gesto di sprezzante noncuranza:

— Ora, ora! c’è tempo!

Seguitarono a disputare sui vestiti dei grandi magazzini. Poi la De Boves parlò del marito che, diceva lei, era partito per fare un’ispezione al deposito degli stalloni di San-Lò: ed Enrichetta raccontò che, per la malattia d’una zia, la Guibal era stata chiamata, da un momento all’altro, nella Franca-Contea. Del resto, quel giorno non faceva nemmen assegnamento sulla Bourdelais, che ogni fin di mese si chiudeva in casa con una cucitrice per accomodare la roba dei bambini.

La Marty pareva intanto agitata da una sorda inquietudine. Quel pover’uomo di suo marito, a forza di lezioni anche in istituti che commerciavano addirittura sulle licenze liceali, la correva brutta al liceo Bonaparte: guadagnava quanto


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