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zola


— Di sicuro; ma non so chi è.

— È la biondina delle «confezioni» — rispose cortesemente la Marty — la vice, se non sbaglio.

Enrichetta lo guardava.

— Ah! — disse lui, e non altro.

E cercò di parlare delle feste in onore del re di Prussia ch’era allora a Parigi. Ma il barone maliziosamente fece ricadere il discorso sulle ragazze dei grandi magazzini. Fingeva di voler a verne notizie, e interrogava: donde provenivano di solito? erano scostumate come si andava dicendo? Di qui una discussione.

— Davvero, — ripeteva — voi credete che sieno oneste?

Il Mouret difendeva la loro virtú con un convincimento che faceva ridere il Vallagnosc. Allora il Bouthemont si mise di mezzo per salvarlo. Dio mio! ce n’era d’ogni sorta, buone e cattive. Ma, del resto, si facevano sempre migliori. Prima non c’erano che ragazze povere e senza quasi famiglia; ora, per esempio, parecchie in via di Sèvres si vedeva che tiravan su le figliuole il Buon Mercato. Insomma, quando volevano essere oneste, potevano, perché non erano come le operaie, obbligate a trovarsi pane e tetto; avevan tavola e stanza; e la loro vita, per quanto certo non fosse bella, era almeno sicura e tranquilla. Il peggio stava in quella condizione mal definita tra la bottegaia e la signora; e buttate cosí nel lusso, spesso con poca o nessuna istruzione, prendendo, nel contatto della gente che frequentavano, modi e gusti superiori allo stato loro, formavano un ceto singolare e senza un proprio nome. Le loro miserie e i vizi provenivano da ciò.


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