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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/468

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zola

tate settantadue, d’ogni maniera, leggiere a un cavallo, pesanti veicoli a due. Correvano di conCOC- tinuo per Parigi, correttamente guidate da chieri vestiti di nero, e dappertutto portavano l’insegna oro e porpora del Paradiso delle signore.

Uscivano anche dalle fortificazioni e correvalungo la Marna, fin sotto le ombre del bosco di no per i dintorni; si vedevano verso Bicêtre, Saint-Germain: qualche volta in fondo a un via le soleggiato, in quel deserto, in quel silenzio, appariva uno di codesti veicoli che passava al trotto dei bei cavalli gettando alla pace misteriosa dell’aperta natura la violenta pubblicità delle vernici.

Pensava di mandarli anche piú lontano, nei dipartimenti vicini; avrebbe voluto sentirli sonanti per tutte le vie della Francia, da un confine all’altro. Ma non scendeva nemmeno piú a visitare i suoi cavalli di cui si teneva tanto. A che quella conquista del mondo, se ella diceva sempre di no?

Quando la sera passava davanti alla cassa del Lhomme, dava ancora per abitudine un’occhiata all’incasso scritto su un foglio che il cassiere si teneva accanto; non erano mai meno, o ben di rado, di centomila franchi, e qualche volta, nei giorni di grande esposizione, anche ottocento o novecentomila. Pur tanta somma non gli sonava piú all’orecchio come uno squillo di tromba; rimpiangeva d’averla guardata, e se n’andava pieno d’amarezza, d’odio, e di sprezzo pel danaro.

Ma i suoi dolori dovevano crescere dell’altro. Diventò geloso.

Una mattina, nel suo studio, prima del Con-


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