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il paradiso delle signore

sfogarsi, e trattò con le brusche il bel Mignot, che tremava dalla paura, livido nel volto e trasfigurato.

— Dovrei chiamare le guardie! — urlava in mezzo a tutti. — Ma rispondete dunque! chi è quella ragazza?... Vi giuro che mando a chiamare la polizia, se non confessate la verità.

Avevano portata altrove la ragazza, e due donne la spogliavano.

Il Mignot balbettò:

— Io non la conosco... È lei che è venuta...

— Non dite bugie! — interruppe il Mouret sempre infuriato. — E nessuno qui ci avverte! tutti d’accordo! siamo in un bosco, derubati, assassinati, saccheggiati. Bisognerà non farne piú uscire uno, senza frugargli le tasche!

Corsero dei mormorii. Le tre o quattro signore che compravano guanti stavan lí spaventate.

— Silenzio! — riprese egli furibondo. — Silenzio o tutti fuori!

Ma il Bourdoncle era accorso, inquieto per lo scandalo. Sussurrò qualcosa all’orecchio del Mouret; l’affare si faceva grave; e lo persuase a condurre il Mignot nella stanza degl’ispettori, ch’era al pianterreno, vicino alla porta di Via Gaillon.

La donna era lí, che si vestiva tranquillamente. Aveva nominato Alberto Lhomme. Il Mignot, interrogato daccapo, perse la testa e si mise a piangere: non era lui il colpevole, era Alberto che gli mandava le sue amanti. Da principio s’era contentato di farle profittare delle occasioni; poi, quando s’eran messe a rubare, era già tanto compromesso, che non aveva avuto il coraggio di dirlo.

Vennero allora in luce certi furti continui, in-


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