Otto mesi nel Gran Ciacco/Parte prima/XXIII

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XXIII

STATO SOCIALE

(continuazione)



MM
a è proprio vero che quest’Indiani s’intabacchino, come direbbe Guerrazzi, nell’amore? e che esauriscano le loro forze dinamiche e riproduttive nell’abuso di Venere? come è stato detto e scritto sovente?

Pel viaggiatore che per la prima volta si trova dinanzi a queste figlie delle foreste nel loro stato nativo, sgombra la vista da qualunque velo che ne occulti o dissimuli le forme procaci; o per chi soffre un lunghissimo digiuno carnale, può parere irresistibile e pericoloso il nuovo spettacolo al nudo; ma in verità non è, nè può essere così, nel consumo giornaliero della vita.

L’uso toglie l’impressione e con questa il desiderio, o lo stimolo alla sensazione, la quale poi qua non è provocata dalle meretrici raffinatezze di carezze impudiche e di civetterie irresistibili. Carezze eccitate col serpeggiare del serico peplo dal fruscio elettrizzante, o dalla attillata calzatura polacca o col semiaperto coturno che ostenta alternamente le negre cinghie lustrenti e la candida maglia. Civetterie provocate coll’aderente corsetto che simula plastiche forme, o col frastagliato [p. 178 modifica]merletto che fa trasparire le tornite membra, o col flessibile guanto che completa la elegante acconciatura, resa inoltre lussuriosa da smaglianti monili: civetterie tutte che risvegliano i sensi addormentati dei figli della civiltà.

La primitiva veste sempre dinanzi, la umiltà degli ufficii della donna selvaggia, e la libertà, lasciano gli appetiti dell’uomo abbandonati al solo esercizio fisiologico che contribuisce all’igiene.

Ed infatti, chi non sa l’attrattiva del frutto proibito? ma dessa è ignorata presso questi ingenui figli della natura. E d’altra parte, come possono esservi le orgie della lussuria nella povertà e nella semplicità?

Eppoi bisogna ben tener presente, che tutto ciò che sia letale all’uomo non gli si può attribuire come originario e permanente: perchè allora, come desso si sarebbe formato e moltiplicato?

Adunque, siffatti vizi che si attribuiscono ai selvaggi, deve pensarsi o che è un inganno nell’osservatore, prodottogli spesse volte dalle idee preconcette contro uno stato di vita tanto distante da quello in mezzo a cui è stato educato, o che sono vizi introdottisi posteriormente al contatto con altra società ed estranei alla natura stessa della vita selvaggia.

È stato detto degli Indiani Americani che si sono vendicati della Conquista e del vaiuolo che loro importammo, col regalare agli Europei il mal vergognoso.

Credo questa una delle solite affermazioni non abbastanza provate e forse facili a smentirsi. Mi è stato detto di opere di dotti, che fanno rimontare storicamente cotesta piaga fino ai tempi più remoti. Il senso popolare (spesso fallace) già infatti la battezzò da Francia, e gli storici la rammentano solennemente all’epoca della calata di Carlo VIII in Italia. Nel Levitico, il 3° Libro di Mosè, Capo XV, si trova:

«Quando ad alcuno colerà la carne, egli è immondo per la sua colagione.» [p. 179 modifica]

«E questa sarà la sua immondizia per la sua colagione; ossia che la sua carne coli a guisa di bava, o che la carne rattenga la sua colagione; ciò è la sua immondizia.»

Agli interpreti il vero significato delle parole, chè io non vo’ dare in ciampanelle per troppo zelo.

Intanto tra quest’Indiani qua del Ciacco s’ignora tal piaga, o s’ignorava dove i Cristiani non la introdussero. E quantunque ciò potesse spiegarsi con dire che una malattia sparisce o si attenua una volta mietute le vittime che vi avevano predisposizione, nondimeno il fatto è quale io lo narro. Questa è la teoria scientifica, che parmi sostenuta dalla giovane scuola medica, e che sembrami in fin dei conti rientrare nella Teorica Darwiniana della selezione. E un altro fatto è, che là dove tal piaga esista, non risparmia gl’Indiani, mentre o risparmia o coglie con assai minore intensità l’Africano, come è in grado di dirvi ogni gaucho del campo, dove queste diverse stirpi presenti abbiano dato luogo all’osservazione. La quale io qui consegno, ad ammaestramento di quelli a cui per avventura fosse sfuggita e dai quali fosse ignorata.

Questi Indiani son nomadi, si sa, ma non basta; essi non costumano tenere animali domestici; quei pochi che hanno dei nostrani è una eccezione, che conferma la regola.

Gli uomini della Conquista furono già sorpresi dalla mancanza presso gl’Indiani di animali domestici, e il ripetersi del fatto in tutto il continente diè alla cosa un carattere, che da Roberston a Humboldt e all’ultimo dei viaggiatori, ha chiamato l’attenzione degli storici e dei filosofi.

In fatti, il nomadismo è esistito ed esiste ancora in Asia, eppure là furono e sono animali domestici, come il cavallo e il cammello. E i Lapponi, i Samojedi, i Ciutci e i peninsulari del Kamtschatka, nelle regioni artiche non hanno addomesticato la renna quelli, e il cane questi, che li attaccano alle loro slitte?

A chi attribuire questa indubbia inferiorità dei nomadi [p. 180 modifica]Americani? Non certo a una incapacità di stirpe come a prima vista potrebbe apparire semplice ed opportuno: perchè allora i Groenlandesi non avrebbero dovuto tenere gli animali domestici, come non li avevano gli Esquimali d’America, sebbene della stessa stirpe e benchè viva tra questi, nelle regioni polari, il bisonte, che è una specie del nostro bove ed è domesticabile.

D’altra parte l’addomesticamento di alcuni animali, che a ciò si prestino, non presenta davvero una tal difficoltà da esigersi nell’uomo una elevata capacità, mentre poi qualche tentativo simile non può rifiutarsi a questi nomadi; in fatti quelli del Ciacco han tenuto e tengono sempre qualche struzzo, qualche ciugna, e qualche ciaratta o gallina del bosco, e sappiamo che fra loro fu trovato domesticato il cane muto.

Io penso, che tal fatto della mancanza di animali domestici si leghi a tre circostanze peculiari di questo continente e dei suoi abitanti, e che sono: le condizioni fisiche, quelle sociali e la scarsezza, e quasi dappertutto la mancanza di animali domesticabili.

Si sa che in questo continente per cagioni fisiche spiegabilissime, il freddo, a parità di latitudine geografica, è molto più intenso che nel vecchio mondo, così che la zona temperata è molto più ridotta qua, che là. Questa cosa avrebbe reso più difficili le cure e più scarsi i mezzi per l’alimentazione degli animali domestici agli abitanti di quella parte fredda dell’America Settentrionale dove si trova il bisonte.

E senza questo lo stato sociale dei nomadi Americani faceva e fa quasi impossibile la conservazione di animali domestici. In fatti, benchè a volte una stessa nazione occupi o abbia occupato immense regioni, pure essa era divisa in piccole tribù, cui appartenevano territorii relativamente piccoli, e che nondimeno stavano, come stanno le superstiti, in continua guerra tra loro. Ne segue, che non vi era sicurezza, condizione principale per l’allevamento degli animali e per qualunque altro [p. 181 modifica]lavoro pacifico. Oggi stesso, gl’Indiani del Ciacco, benchè conoscano i nostri animali domestici e ne tentino l’allevavamento, nondimeno non lo esercitano in iscala significante, perchè l’averne è già incentivo al vicino per invaderli e saccheggiarli. Se la vita sociale fosse stata o fosse già a tal punto da determinare questi Indiani a riunirsi in grandi aggruppamenti, allora, distesi sui vasti territorj, benchè nomadi e benchè in guerra continua, avrebbero potuto sempre con facilità mettere in salvo i loro animali in caso d’invasione, internandoli.

Infine la scarsezza di animali domesticabili, ha reso più facile la mancanza assoluta dei domestici, la quale a sua volta ha reso meno inevitabili grandi aggruppamenti sociali. Questa scarsezza è un fatto notorio, e ne dà una prova splendida il fatto che i Peruani, dotati di religione, di governo, di istituzioni agrarie, pure non avevano addomesticato tra gli animali grandi che il lama, il quale, per la sua forma e la sua resistenza, ben può chiamarsi il cammello delle Ande. Dall’altro lato i Messicani, essi pure ordinati e, diremo, inciviliti, e i Bogotiani non avevano domestici degli animali, che noi diremmo di cortile, come i conigli, ed alcuni volatili; questo, avveniva per non esservi altri animali da potersi addomesticare.

E in fatti gli stessi Peruani che addomesticarono il lama, da cui traevano carne e lana, e che impiegavano come animale da carico, come al presente fanno in Bolivia1, doverono contentarsi solamente di cacciare la vigogna, di cui allora, come adesso, era molto apprezzata la ottima lana, e ciò perchè questo animale non è domesticabile. La caccia la facevano in epoche fisse riunendosi, per ordine dell’Inca, una moltitudine d’individui, che circondavano una grande estensione alpestre [p. 182 modifica]con una funicella munita di penzoli appoggiata a dei pali, rincorrevano e accantonavano in un piccolo spazio tutte le vigogne, per le quali è invincibile quel debolissimo ostacolo, che con un solo salto potrebbero superare. Allora i cacciatori restringevano via via il recinto, e, confinati così un gran numero di cotesti animali tra dei dirupi da un lato e le corde dall’altro, ne ottenevano facile preda. Questa caccia si limitava ogni anno a una certa zona, e così se ne impediva lo sperpero. In oggi si usa un egual sistema in quello di Moxos, e benchè senza limitazione di zone, nondimeno sembra che non diminuisca la razza.

Questo esempio ci assicura, che se ci fossero state altre bestie addomesticabili, le avrebbero ridotte a servitù, e ci mostra per analogia che là, dove ciò non è stato fatto, ha dovuto esservi mancanza o scarsezza somma di esse, come infatti sappiamo che è così.

Comunque, tal fatto abbia dato luogo che in questo continente si sia trovato il passaggio brusco dei suoi abitanti dallo stato nomade e selvaggio a quello sedentario dell’agricoltore, mentre nel vecchio si interpose e si interpone ancora lo stato nomade, ma unito alla pastorizia.

La mancanza di questo stadio intermedio resta spiegata, parmi, sufficientemente dalla mancanza di animali domesticabili, e conseguentemente di quelli domestici. Quindi, sbaglierebbe a mio parere chi, trovandosi dinanzi repentinamente a nazioni amanti dell’agricoltura, come il Perù, Messico e Bogota, contornate da una moltitudine di altre selvagge, volesse spiegar questa anomalia rispetto al processo seguito dalle stirpi asiatiche, con la ipotesi di una invasione di popoli, da altro continente, che improvvisamente avessero importato e imposto qua la loro industria. Tal fatto invece ha avuto la sua ragione di essere necessaria nella circostanza naturale che abbiamo esposta e per quanto si riferisce al Perù, credo anche di potere affermare con cognizione di causa, che l’idioma ivi par[p. 183 modifica]lato, ed ufficiale a tempo degli Inca, ha la sua parentela con quelli parlati dai selvaggi.

Tolta di mezzo questa specie di Deus ex-machina, che è una supposta invasione o immigrazione di popoli del vecchio continente nelle regioni occupate dalle nazioni sopra citate, si presenta naturale la domanda: a che si deve attribuire l’incivilimento del Perù e del Messico? Paese dove si trovavano istituzioni che, alcune, sembrerebbero copiate da quelle dei popoli del vecchio continente? In fatti li, astri, dei, templi, sacerdoti, monache, caste. A Messico un calendario che Humboldt trova simile all’egizio; al Cuzco, nel Perù, un periodo di anni quasi uguale a quello degli Ebrei; ivi le cordicelle per contare come un tempo nella China; un governo pedagogico; una distribuzione periodica delle terre; un accozzamento di nozze fatto dall’Inca pubblicamente, che ci richiamano alla memoria i governi pedagogici e le leggi agrarie di tutto il vecchio continente; il giubbileo degli Ebrei, i costumi nuziali degli Assirii....

È una domanda questa che se l’è fatta e se la fa ogni uomo che pensa, ma vi è difficile la risposta. Alcuni storici, e sommi, la ragionano così: nelle regioni occupate da cotesti Imperi regna un clima benigno, ma snervante: ivi adunque i popoli accorsi si prestarono più facilmente alle discipline della vita civile. Un uomo, o un popolo vincitore, potè soggiogarli e imporre un dispotismo, feroce a Messico, mansueto al Cuzco, spaventoso sempre. Il genio umano, che è umano ovunque, si svolse ivi con lo stesso processo che altrove: di qui la civiltà e le analogie con i popoli del vecchio continente.

Io non vo completamente d’accordo con questo ragionamento, e specialmente colla prima parte. Duolmi di non conoscere le condizioni fisiche del Messico, ma conosco quelle di molta parte delle regioni dell’Impero degli Inca, e trovo in esse la spiegazione naturale del fatto. [p. 184 modifica]

La necessità fu la causa di cotesto Impero, non la snervatezza dei suoi abitanti.

In tutto il Perù, in tutto il declive occidentale delle Ande, in quasi tutto quello orientale e in Bolivia, non è possibile la vita, non solamente dell’uomo, ma nè anche degli altri animali senza l’agricoltura, e non è possibile questa senza l’irrigazione.

Ecco due fatti che obbligano l’uomo a fermarsi, ed associarsi, e quindi ad ordinarsi, costituirsi e formare successivamente arti, discipline, religione, governo. Il dispotismo non spiega niente. Popoli fieri e popoli imbelli lo hanno sofferto, lo soffrono e lo soffriranno senza costituirsi per ciò inferiori a popoli retti liberamente. Al contrario, nel Ciacco, nella Pampa, nel Brasile, in Nord-America, il suolo offre spontaneo le frutta degli alberi, le radici, i quadrupedi e i volatili, mentre i fiumi e le lagune danno pesce abbondante. Eccovi la necessità di unirsi e di costituirsi: eccovi popoli che probabilmente si faranno distruggere da altri, cui la necessità fece ottenere la civiltà e con questa le armi della vittoria, piuttosto che spontanei farsi schiavi del lavoro di cui non abbisognano. Eppure nella maggior parte di queste regioni il clima è benigno e spesso snervante più che nel Perù, nella Bolivia e nel Messico.

Ora figuriamoci che, o ragion di guerra o bisogno di espandersi, le due cause potentissime delle emigrazioni in massa, abbia spinto una gente nel territorio del Perù, e noi l’avremo di lì a poco, dopo cresciuta superiormente alle scarsissime risorse di quel poverissimo territorio, a domandare alla terra col lavoro quell’alimento di cui abbisogna e che non può cercare in altre parti dove vivono nemici numerosi, felici, più potenti.

Mi pare tanto certa questa genesi, da credere che, se gli storici avessero avuto cognizione delle condizioni fisiche necessarie di queste regioni, non avrebbero potuto adottarne al[p. 185 modifica]tra; e sarei per affermare che anche a Messico le condizioni di suolo e di clima non devono permettere la produzione e la vita che col lavoro.

Le analogie nelle istituzioni e nei costumi con popoli, che furono, del vecchio continente, mentre non provano che le si debbano alle invasioni di questi, per aver relazione con una epoca passata da diecine di secoli, fanno nondimeno in alcuni dettagli pensare all’azione individuale che possono avere esercitato persone scaraventate su questi lidi dall’ira dell’oceano ed ivi rimaste. E penso anch’io che ben possono essere in gran parte il prodotto del genio umano, di cui l’armonia si rivelerebbe così mantenuta a traverso dello spazio e del tempo.

Che se poi volessimo supporre a una unione materiale, o almeno a una comunicazione preistorica e anteriore a qualunque memoria d’uomo, tra i due mondi, allora dovremo dichiarare la immensa inferiorità degli Americani. Questa inferiorità o fu originale della stirpe che venne qui a popolare, o fu causata dalle condizioni fisiche di questo continente; inferiorità del resto riscontrata anche in tutte le specie animali americane. È riservata alle scienze fisiche e naturali, ed anche alla poco amata filologia, la soluzione dell’importantissimo problema, il problema magno della Umanità.


fine della prima parte


Note

  1. Il lama adoperato come animale da soma porta soltanto 4 arrobe di peso, cioè 50 chilogrammi, mentre il mulo ne porta 12, vale a dire 150 chilogrammi.