Alpi e Appennini/I tre presidenti del C. A. I.

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Giuseppe Corona

I tre presidenti del CAI ../Inno degli alpinisti ../Un episodio delle valanghe al gran San Bernardo IncludiIntestazione 14 luglio 2021 75% Da definire

Inno degli alpinisti Un episodio delle valanghe al gran San Bernardo

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I TRE PRESIDENTI DEL C.A.I.



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uintino Sella dopo aver descritto con tinte calde, entusiastiche, in una sua lettera a Bartolomeo Gastaldi la salita al Monvisio, fa la storia delle ascensioni alpine, ricorda che in Londra ed in Vienna sorsero società per promuoverla ed aggiunge:

«Ora non si potrebbe fare alcunchè di simile da noi! Io crederei di sì... E mi pare che non ci debba voler molto per indurre i nostri giovani che seppero d’un tratto passare dalle mollezze del lusso alla vita del soldato, a dar di piglio al bastone ferrato ed a procurarsi la maschia soddisfazione di solcare in varie direzioni e sino alle più alte cime queste meravigliose Alpi, che ogni popolo ci invidia. Col crescere di questo gusto crescerà pure l’amore per lo studio delle scienze naturali e non occorrerà più di voler le cose nostre talvolta studiate più dagli stranieri che non dagli italiani».

Queste parole crearono il Club Alpino Italiano che sorto in Torino nel 1863 seguì i destini della patria e, a poco a poco, si diramò e si estese in ogni parte d’Italia.

A primo presidente1 del Club Alpino Italiano fu eletto nel 1864, Bartolomeo Gastaldi, uno scienziato di primo ordine che iniziò in Italia lo studio e la ricerca delle stazioni lacustri e poi si dedicò tutto, coll’amore il più sviscerato, allo studio delle Alpi e dei Ghiacciai.

Il Club Alpino Italiano ebbe da lui e per lui forza e vita anche in momenti politici difficilissimi e fu avviato con sicurezza su di una strada lunga e luminosa.

Nel 1872 egli volle ritirarsi dalla Presidenza e lo fece colle parole: «L’opera mia non verrà giammai meno a pro’ della nostra Società.» E mantenne sempre la sua promessa.

Gli successe Quintino Sella che per il primo aveva spinto alle Alpi la gioventù italiana come a scuola di perseveranza e di coraggio, per ritemprare sulle loro irte giogaje la fibra italiana e per trovare un dolce balsamo alle amarezze ed agli sconforti della vita.

Quintino Sella colla parola e coll’esempio confermò quanto egli aveva creato ed ebbe la soddisfazione di far cadere su fertilissimo terreno e la sua parola e il suo esempio.

Il 5 gennaio 1869 la bandiera del Club Alpino Italiano fu velata a lutto da una grande sciagura.

Bartolomeo Gastaldi morì in Torino e Quintino Sella, scosso bruscamente dal ferale annunzio telegrafava da Roma: «Perdita Gastaldi sommamente dolorosa, crudelmente immatura per gli amici, per il Club Alpino, per la scienza, per Torino, per la patria.» [p. 11 modifica]

E il 14 Marzo 1884 un’altra notizia terribilmente dolorosa si spargeva per l’Italia. Quintino Sella cadeva egli pure vittima immatura della morte!

Dopo venti anni di vita rigogliosa pareva che, colla perdita di Gastaldi e di Sella, anche il Club Alpino Italiano fosse colpito al cuore.

Ma no; che la nostra balda gioventù si strinse con maggiore affetto alla bandiera sociale e segnò con lettere d’oro i nomi di Gastaldi e di Sella, quali esempii perenni e potentissimi di forza, di coraggio e di perseveranza.

Ora sugli scudi del Club Alpino Italiano venne innalzato Paolo Lioy. Chi non ha letto i libri di questo simpatico scrittore popolare? In essi la scienza si sposa alla poesia, e da tale unione, nascono pagine che si fanno leggere avidamente e vi istruiscono senza che ve ne accorgiate.

Paolo Lioy, quantunque non abbia mai aspirato alla fama di grande alpinista, fu sempre innamorato delle montagne e, molti anni or sono, prendeva argomento da un libro di Federico De Tschudi2 per scrivere sul Politecnico3 di Milano un lungo e bellissimo articolo che forma una vera e completa descrizione pittoresca delle Alpi. Egli terminava il suo lavoro con parole di omaggio agli studiosi che esplorano le Alpi e ne popolarizzano i tesori e le bellezze. «È veramente un sentimento di venerazione, scrive Lioy, che ci riempie l’animo davanti a tante conquiste della scienza, ottenute con sì forti propositi, con sì invitto coraggio. Questi arditi precursori della filosofia naturale, che sprezzando disagi e pericoli, animati dal culto del sublime, sfidano le impervie regioni, le nevi eterne, per leggere nel velo d’Iside i responsi della natura, non sono meno intrepidi dei naviganti che spingono le prore nei mari polari. Saussure, Hugi, Hoocher, Humboldt, Bompiani, Tschudi sono nella scienza i legittimi fratelli dei Banks, dei Boss, dei Mac-Clure, dei Bellot, dei Parry dei Mac-Clintock. Il martirio è pur la meta a cui sovente s’avviano; e il mondo scientifico deplora due recenti esempi, in John Francklin perduto fra i mari glaciali e in Adolfo Schlagintweit spento fra le più eccelse cime del globo terrestre.»

L’omaggio, che Paolo Lioy rende agli scienziati alpinisti, noi lo rendiamo a lui, autore del libro: «In Montagna» in cui lasciò scritto: «Se vi ha cosa che la fantasia più fervida non basti ad immaginare, è la impressione che lasciano le gite alpestri. Sono di quelle impressioni ritempratrici e profonde che come inesauribili miniere di ricchezze restano nell’anima e a ogni istante della vita, tra le noie d’ogni giorno, tra gli sconforti stessi della vecchiaia, ripullulano nella memoria, sempre splendide di nuovi tesori.»

Il nuovo Presidente del Club Alpino Italiano ha mandato alle varie sezioni il suo fraterno saluto. Egli confida che ognuna di esse, lavorando attivamente nel proprio centro, coopererà a formare a poco a poco la illustrazione completa di tutte le montagne d’Italia. E il Club Alpino Italiano, auspici Gastaldi, Sella e Lioy, potrà vantarsi di aver ottenuto quanto è nel desiderio di tutti.

Noi siamo lieti di rendere in questa dispensa, omaggio al Club Alpino Italiano ed ai suoi tre Presidenti. E ringraziamo vivamente Paolo Lioy delle parole che egli volle indirizzarci a conforto ed a sprone nell’opera nostra.

La nostra pubblicazione vuol essere popolare e faremo ogni sforzo per meritarci il favore di tutti ma specialmente dei giovani d’ogni regione d’Italia. Suo scopo è di illustrare [p. 12 modifica]con incisioni e con articoli tutte le meraviglie pittoresche del «Bel Paese» dai colli ai monti. Quante valli stupende rimangono tuttora sconosciute agli italiani che corrono, con smania irrequieta, a cercare i bei punti di vista in Svizzera o sulle rive del Reno!

Ebbene: noi cercheremo di rivelarle queste incognite coll’aiuto di tutti e col fermo proposito di riuscire nel nostro intento. Alle dispense succederanno gli opuscoli e i volumetti illustrati.

Paolo Lioy ci promise il suo appoggio e quello del Club Alpino Italiano.

«Mille auguri, egli scrisse, alla nuova pubblicazione».

«Mando anche il chiestomi ritratto; ma non sarà al suo posto fra Gastaldi e Sella. Essi già tanto benemeriti del Club, io, insciente e nolente, giunto appena a sostituirli. Autobiografia non so proprio farne. Si rimarrebbe a un punto interrogativo... Saprò guidare degnamente l’istituzione che già ebbe capi così degni e illustri?...»

Troppa modestia, onorevole Lioy.

Ella riuscirà certo a continuare l’opera dei due primi presidenti di una istituzione così patriottica ed utile. E noi saremo lieti di esserle, nella bella e gagliarda impresa, collaboratori assidui e devoti. Si uniscano a Lei ed a noi i giovani di tutte le parti d’Italia e non si dirà più che noi siamo gli ultimi ad accorgerci delle bellezze che tutte le nazioni ci invidiano e di cui noi fummo finora troppo oh! troppo trascuranti.

Giuseppe Corona.



Note

  1. A reggere il Club Alpino di Torino fu chiamato il barone Ferdinando Perrone di San Martino che morì nel 1864. In seguito il Club Alpino si nomò Italiano e Bartolomeo Gastaldi fu il suo primo presidente.
  2. Le monde des Alpes.
  3. Polit. Vol. XII.