Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/314

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Anno 314

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Anno di Cristo CCCXIV. Indizione II.
SILVESTRO papa 1.
COSTANTINO imperadore 8.
LICINIO imperadore 8.
Consoli

CAIO CEIONIO RUFIO VOLUSIANO per la seconda volta ed ANNIANO.

Truovasi prefetto di Roma in questo anno Rufio Volusiano. Ciò non ostante, vien creduto ch’egli esercitasse nel medesimo tempo il consolato, giacchè la prefettura era stata a lui appoggiata nel settembre dell’anno precedente. Sul principio di questo terminò i suoi giorni Melchiade papa3089, e succedette a lui nella sedia di san Pietro Silvestro, che noi vedremo uno de’ più gloriosi pontefici della Chiesa di Dio, e felice anche in terra, perchè vivuto a’ tempi del primo degl’imperadori cristiani, cioè di Costantino. Certamente non tardò questo insigne Augusto a farsi conoscere dopo la rotta di Massenzio quale egli era, cioè attaccato alla religione de’ cristiani, e per questo si stima ch’egli, trionfalmente entrato in Roma, non passasse al Campidoglio, ricusando di portarsi a venerar il Giove sordo de’ Romani3090. Fece in oltre alzare una statua in Roma a sè stesso, che teneva la croce in mano, per segno che da quella egli riconosceva la riportata vittoria. La prudenza sua non gli permise per allora di far altra maggior risoluzione, perchè egli desiderava che i popoli spontaneamente, e non già per forza, si arrendessero al lume del Vangelo, oltre al temer di sedizioni, ove egli avesse tentato di levar la libertà della religione in un subito ad immensa gente che tuttavia professava il paganesimo. Truovasi in alcune iscrizioni, fra gli altri titoli d’autorità e d’onore conferiti a Costantino, quello di pontefice massimo; ma, siccome osservò il padre Pagi3091, non fu cotal titolo da lui preso, ma solamente a lui dato dai pagani, secondo l’antico lor uso. Per altro pubblicamente egli si studiava di far conoscere ai Romani il Dio, a cui si doveano gl’incensi3092; un gran rispetto professava ai vescovi ed altri ministri dell’Altissimo; ne teneva alcuni ancora in sua corte, li voleva alla sua mensa, e compagni anche nei viaggi, credendo che la loro presenza tirasse sopra di lui i favori e le benedizioni del cielo. Era già insorto nell’Africa lo scisma de’ Donatisti con una deplorabil division di quelle chiese. L’Augusto Costantino, benchè novizzo nella religion di Cristo, in vece di scandalezzarsi di una tal discordia troppo contraria agli insegnamenti del [p. 1131 modifica]Vangelo, si accese più tosto di zelo per curare e sanar quella piaga3093. Intimò dunque un concilio di vescovi ad Arles, acciocchè ivi si discutessero le accuse de’ Donatisti contra di Ceciliano vescovo; e in una lettera loro scritta espresse i sentimenti della sua vera pietà, con rilevare la benignità di Dio verso de’ peccatori, dicendo: Ho operato anch’io molte cose contrarie alla giustizia, senza figurarmi allora che le vedesse la suprema Potenza, ai cui occhi3094 non sono nascoste3095 le fibre più occulte del mio cuore. Per questo io meritava d’essere trattato in una maniera conveniente alla mia cecità, e di essere punito con ogni sorta di malanni. Ma così non ha fatto l’onnipotente ed eterno Dio che tien la sua residenza ne’ cieli. Egli per lo contrario mi ha compartito dei beni, de’ quali io non era degno, nè si possono annoverar tutti i favori, coi quali la bontà celeste ha, per così3096 dire, oppresso questo suo servo. Dacchè ebbe Licinio Augusto atterrato il nemico Massimino, siccome dissi, tutte le provincie dell’Oriente coll’Egitto vennero in suo potere, e si unirono coll’Illirico, formando egli così una vasta possanza. L’Italia, l’Africa e tutte le restanti provincie d’Occidente rendevano ubbidienza all’Augusto Costantino di lui cognato. Ma, per attestato di Aurelio Vittore3097, troppo diversi di genio erano questi due principi. Costantino, istruito già delle massime del Vangelo, inclinava alla clemenza; se non avea già abolito, tardò poco ad abolire l’antico uso del patibolo della croce, perchè santificata dal divino Salvator nostro, siccome ancor l’altro di rompere le gambe ai rei. Ai suoi stessi nemici lasciava egli ancora godere gli onori e i beni, non che la vita; laddove Licinio, uomo selvatico e dato al risparmio, facilmente infieriva contra delle persone; ed abbiam veduto di sopra un notabile esempio della sua crudeltà; sapendosi inoltre ch’egli non si guardò dal tormentare a guisa di vili servi non pochi innocenti e nobili filosofi di que’ tempi. Poco per questo durò fra tali regnanti la buona armonia, anzi si allumò guerra fra loro nell’anno presente. Truovavasi l’imperador Costantino ne’ primi mesi di questo anno in Treveri, dove pubblicò varii ordini e leggi3098 concernenti il pubblico governo, ed una principalmente, in cui rimediò al disordine accaduto sotto il tiranno Massenzio; cioè all’aver molti perduto la lor libertà per la prepotenza e violenza de’ grandi che tuttavia li riteneva per ischiavi. Coll’intimazione di gravi pene comandò egli che fosse escluso dalle dignità chiunque avea poco buon nome e carestia d’onoratezza. Il motivo della disunione e guerra nata in quest’anno fra Costantino e Licinio resta dubbioso. Zosimo3099 scrittor pagano ne rigetta tutta la colpa sopra il solo Costantino, che non sapeva mantenere i patti, e cominciò a pretendere qualche paese come di sua giurisdizione. Eutropio3100, anch’egli scrittore pagano, ne attribuisce l’origine all’ambizione di Costantino, malattia troppo familiare ai regnanti del secolo, e che mai non suol dire basta, se non quando il timore la frena. Ma Libanio sofista pretende che Licinio per lo stesso male fosse il primo a rompere la concordia; ed il perchè ce l’ha conservato l’Anonimo Valesiano3101. Scrive questo autore, aver Costantino maritata Anastasia sua sorella a Bassiano, con disegno di dichiararlo Cesare, e di dargli il governo dell’Italia. Per camminar dunque d’accordo col cognato Licinio, spedì a lui un personaggio nomato Costanzo, richiedendolo del suo assenso. Venne in questo mentre Costantino a scoprire che Licinio segretamente per mezzo di Senecione, fratello di Bassiano, e suo [p. 1133 modifica]confidente, era dietro ad indurre lo stesso Bassiano a prendere l’armi contra del medesimo Costantino. Di questa trama fu convinto Bassiano, e gli costò la vita. Fece Costantino istanza per aver nelle mani il manipolatore di tal trama, cioè Senecione; e Licinio gliel negò. Per questa negativa, e perchè Licinio fece abbattere le immagini e statue di Costantino in Emona, città, non so se dell’Istria o della Pannonia, si venne a guerra aperta. Costantino marciò in persona con una armata di soli venti mila tra cavalli e pedoni alla volta della Pannonia, per farsi giustizia, coll’armi, e s’incontrò nelle campagne di Cibala con Licinio, il cui esercito ascendeva a trentacinque mila uomini, parte cavalleria e parte fanteria. Qui furono alle mani i due principi, e ne rimase sconfitto Licinio. Zosimo3102 descrive l’ordine di quella battaglia, che durò dalla mattina sino alla sera con gran mortalità di gente; ma in fine l’ala destra, dove era lo stesso Costantino, ruppe la nemica; e le legioni di Licinio, dopo aver combattuto a piè fermo tutto quel giorno, poichè videro il lor principe a cavallo in fuga, anch’esse sull’imbrunir della notte, preso sol tanto di cibo che bastasse per allora, ed abbandonato il resto de’ viveri, de’ carriaggi e del bagaglio, frettolosamente si ritirarono alla volta di Sirmio, dove prima di loro era pervenuto Licinio3103. Nel dì 8 di ottobre succedette questo sanguinoso fatto d’armi; ed essendo il racconto di Zosimo così circostanziato, merita ben più fede che quel di Eutropio3104, il quale sembra dire che Licinio prima di questo tempo ebbe una percossa da Costantino, e che poi, sorpreso all’improvviso sotto Cibala, di nuovo fu disfatto. L’Anonimo Valesiano fa giugnere la sua perdita sino a venti mila persone: il che par troppo. Poco si fermò Licinio in Sirmio, città da due bande cinta dal Savo fiume, colà dove esso si scarica nel Danubio3105; ma presi seco le moglie e i figliuoli, e rotto il ponte, marciò con diligenza verso la novella Dacia, finchè arrivò nella Tracia. Per viaggio3106 egli creò Cesare Valente, uffiziale assai valoroso della sua armata, di cui leggerissima informazione ci resta nella storia. Indarno gli spedì dietro Costantino cinque mila de’ suoi per coglierlo nella fuga. Impadronissi dipoi Costantino di Cibala e di Sirmio; ed allorchè fu arrivato a Filippi, città della Macedonia, o piuttosto a Filippopoli della Tracia, comparvero da Andrinopoli ambasciatori di Licinio per dimandar pace; ma nulla ottennero, perchè Costantino esigeva la deposizion di Valente creato Cesare al suo dispetto, e Licinio non acconsentì. Intanto con somma diligenza mise Licinio insieme un’altra assai numerosa armata colle genti a lui spedite dall’Oriente; e fu di nuovo in campagna. Ma nol lasciò punto dormire l’infaticabil Costantino, che gli giunse addosso nella pianura di Mardia. Seguì un’altra giornata campale con perdita vicendevole di gente, secondo Zosimo, e con restare indecisa la sorte, avendo la notte messo fine al menar delle mani; ma dall’Anonimo del Valesio abbiamo che terminò la zuffa con qualche svantaggio di Licinio, il quale, col favor della notte tiratosi in disparte, lasciò nel dì seguente passar oltre Costantino, con ridursi egli e i suoi a Berea. Pietro Patrizio3107 lasciò scritto che Costantino perdè in tal congiuntura parte del suo bagaglio, sorpreso in un’imboscata da quei di Licinio. Tornò dunque esso Licinio a spedire a Costantino proposizioni di pace, e l’ambasciatore fu Mestriano, uno de’ suoi consiglieri, il quale trovò delle durezze più che mai. Contuttociò, considerando l’Augusto Costantino [p. 1135 modifica]quanto egli si fosse allontanato da’ proprii Stati, e molto più come sieno incerti gli avvenimenti delle guerre, finalmente si lasciò piegare ad ascoltar l’inviato. Mostrossi egli irritato forte contra di Licinio, perchè senza suo consentimento, anzi ad onta sua, avesse creato un nuovo Cesare, cioè Valente, e volesse anche sostenere piuttosto quel suo famiglio3108 (che così il nominava egli) che un Augusto suo cognato. Però, se si aveva a trattar di pace, esigeva per preliminare la deposizion di Valente. Cedette in fine Licinio a questa pretensione, e fu dipoi conchiusa la pace. Se non è fallato il testo di Aurelio Vittore3109, Licinio levò appresso non solamente la porpora, ma anche la vita ad esso Valente. Per questa pace vennero in potere di Costantino l’Illirico, la Dardania, la Macedonia, la Grecia e la Mesia superiore. Restarono sotto il dominio di Licinio la Soria colle altre provincie orientali, l’Egitto, la Tracia e la Mesia inferiore3110, appellata da alcuni la picciola Scitia, perchè abitata ne’ vecchi tempi dalle nazioni scitiche. Così venne a crescere di molto la signoria di Costantino colle penne tagliate al cognato. Nel Codice Teodosiano3111 abbiamo una legge pubblicata da Costantino nelle Gallie nel dì 29 di ottobre di quest’anno; ma, siccome osservò il Gotofredo, sarà scorretto quel luogo, o pure il mese, non essendo probabile che Costantino tornasse sì tosto colà dopo la guerra fatta a Licinio.