Antropologia/XIX

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XIX. Sviluppo fisico individuale dell'uomo

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XIX. Sviluppo fisico individuale dell'uomo
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Lo studio embriologico dell’uomo è per l’antropologia di grande importanza, poichè giova a chiarire due questioni che non sono state ancora risolte. L’embriologia serve a stabilire la posizione sistematica della specie umana, ravvicinandola a quei mammiferi che, per tale riguardo, hanno con lei la maggiore somiglianza. Oltre ciò è opinione generale fra i naturalisti, che lo sviluppo dell’individuo sia il riassunto dello sviluppo della specie, e quindi prima di trattare l’argomento delle origini dell’umanità, è necessario dare un cenno, almeno elementare, dello sviluppo dell’individuo.

Gli studii embriologici hanno condotto recentemente a dei risultati sorprendenti, poichè ci hanno svelato il significato di alcuni organi, dei quali non si conosceva prima d’ora l’origine, ed hanno vieppiù assodato il concetto della parentela che collega insieme tutti i membri del regno animale. Per dare un esempio la ghiandola pineale dell’uomo è nota da antichi tempi, chè anzi fu creduta la sede dell’anima; ma gli studii fatti sugli animali inferiori hanno dimostrato, che essa non è che un avanzo di un paio di occhi che esistono in alcuni bassi molluschi (Salpe), nell’istessa guisa che la ghiandola pituitaria del cervello umano non è che una branchia trasformata.

Come ogni altro mammifero, così anche l’uomo trae origine da un uovo, ossia da un minutissimo sacco, il quale contiene una certa quantità di materia nutritiva, che è il tuorlo. La formazione dell’embrione nell’uovo incomincia con un fenomeno che chiamasi di segmentazione o solcamento, pel quale il tuorlo si divide dapprima in due sfere, ciascuna di queste in due altre, e così via via fino alla trasformazione del tuorlo in una grande quantità di piccole sfere, di cui ciascuna riceve in seguito la propria membrana. In tale modo la natura raggiunge lo stesso risultato, al quale arriva un artefice nelle sue operazioni per fabbricare dei mattoni. Essa prende la informe materia plastica del tuorlo e la divide in masse dello stesso volume, atte a fabbricare ogni parte dell’edifizio vivente.

Ben tosto avviene un altro fenomeno. Le predette cellule si ritirano verso la periferia, accostandosi alla faccia interna della membrana dell’uovo, si accumulano le une presso le altre, si rendono poliedriche per effetto della pressione, e costituiscono un secondo involucro dell’uovo, che chiamasi blastoderma. Poco dopo una porzione circolare di quest’involucro si rende più oscura per maggiore accumulazione di cellule, e in appresso si fa ellittica e chiara lungo la linea mediana. Lungo questa linea apparisce dunque un solco o una gronda, che dicesi gronda primitiva e che rappresenta i primi lineamenti dell’asse cerebro-spinale. Con tale carattere l’embrione umano si è separato da un grande numero di animali; e mentre prima nessuno avrebbe potuto prevedere a quale classe fosse per appartenere il nascituro, ora può affermarsi che sarà un vertebrato.

Più tardi, dal blastoderma succitato prendono origine due altre produzioni embrionali, di cui l’una, il così detto amnio, racchiude l’embrione come un sacco, entro cui si deposita un liquido (acqua dell’amnio), nel quale il feto nuota, mentre l’altra chiamasi allantoide ed ha una grande importanza per la vita dell’embrione, poichè porta i vasi di questo verso la periferia dell’uovo e contribuisce così alla formazione di quell’organo, che dicesi placenta, col mezzo del quale l’embrione può ricevere dalla madre il necessario nutrimento e liberarsi da incongrui materiali. Ora l’embrione non è di un vertebrato qualunque, ma di un vertebrato superiore, ossia di rettile, uccello o mammifero, perchè soltanto in questi vertebrati si sviluppano le due produzioni anzidette.

Coll’apparsa della placenta l’embrione manifesta il suo carattere di mammifero placentario, ed essendo la placenta stessa di forma discoidale, quello di mammifero di uno degli ordini più elevati. Solo negli ultimi stadii di sviluppo l’uomo si stacca anche da questi ordini ed assume i distintivi che lo contrassegnano di fronte agli altri mammiferi.

L’embrione dunque non si forma d’un tratto con tutte le sue parti perfettamente organizzate; ma somiglia dapprima, allo stato di uovo, agli infimi esseri unicellulari, e solo in seguito, progredendo nel suo sviluppo, assume a grado a grado i caratteri di animali vieppiù elevati, finchè riceve quelli che costituiscono la sua esclusiva proprietà. Questo fatto, per quanto possa sembrare semplice ed inconcludente, è di un’alta importanza nella ricerca dell’origine dell’uomo.

L’embriologia ci ha rivelato alcuni fatti che avvicinano l’uomo agli animali. Faremo cenno di alcuni.

1.° Due ossa frontali. — L’uomo possiede generalmente un unico osso frontale e solo in alcuni casi di anomalia ne vediamo due simmetrici, separati l’uno dall’altro col mezzo di una sutura, che dalla radice del naso si estende in alto e dietro fino al bregma e dicesi sutura frontale o fronto-frontale od anche metopica. Nei mammiferi invece l’osso frontale è generalmente doppio. Ed altrettanto noi osserviamo nell’embrione; esso ha due frontali, i quali in seguito si fondono in un unico osso.

2.° L’osso incisivo. — I mammiferi possiedono in regola le ossa incisive od intermascellari bene sviluppate e ben separate l’una dall’altra; nell’uomo invece si è lungamente creduto che manchino affatto, e fu perfino da un anatomico epressa l’opinione che sieno andate perdute per l’effeminato e pervertito suo modo di vivere. Ma questi ossicini furono scoperti anche nell’uomo; ma nell’uomo nei primordii della sua vita, prima che veda la luce del sole, saldandosi queste ossa prestissimo coi mascellari superiori. Dunque anche per tale carattere l’embrione s’accosta agli altri mammiferi più dell’uomo adulto.

Dell’osso incisivo si conservano le traccie nell’uomo adulto assai più sovente che non si creda; infatti il dottor Moschen ed io abbiamo trovato nel 1880 la sutura intermascellare nel 60 per 100 dei cranii trentini da noi esaminati, ed io la rinvenni dappoi anche in molti cranii veneti assai manifesta.

3.° Vertebre coccigee. — La porzione codale o coccigea della colonna vertebrale è affatto rudimentale nell’uomo, essendo formata di tre a cinque piccole ossa che articolano insieme e delle quali il primo si fonde spesso coll’osso sacro. Negli altri mammiferi, invece, il numero delle vertebre codali è talora straordinariamente grande; così nel genere Manis troviamo perfino 46 di queste vertebre costituenti una coda lunghissima. Veniamo all’embrione umano.

Secondo Fol l’embrione umano di mill. 5,6 di lunghezza ha 36 vertebre, quello di 7 mill. 33 vertebre e quello di 9-10 millim. 38 vertebre. Il tubo midollare, in questi embrioni, si estende fino all’estremo posteriore e quasi altrettanto fa la corda dorsale. Nell’embrione di 12 settimane, lungo 12 mill., le vertebre 38ma, 37ma e 36ma si fondono in un’unica massa, e la 35ma perde i suoi contorni netti. Un embrione di 19 mill. di lunghezza non ha che 34 vertebre e la coda è meno sporgente di prima. Da ciò si deve concludere, che in tempi remoti la coda dell’uomo aveva una lunghezza maggiore dell’odierna, conclusione che è avvalorata dalla osservazione di Leo Gerlach, che descrisse un embrione umano con filamento caudale lungo e liberamente sporgente, e da quella di Ecker che nella regione caudale di embrioni e di alcuni adulti trovò la foveola coccygea.

4.° Il pelo. — La maggior parlo dei mammiferi sono coperti di pelo lungo e sparso su tutto il corpo, restando libere le sole porzioni estreme degli arti; nell’uomo adulto invece il pelo è breve e scarso, eccettuate alcune regioni del corpo molto ristrette. L’embrione umano si avvicina ai mammiferi, perchè tutta la sua superficie, comprese la fronte e le orecchie, è fittamente, nel sesto mese, ricoperta di pelo sottilissimo e lanoso, la così detta lanuggine; ed è un fatto significante che le palme delle mani e le piante dei piedi sono al tutto nude; mentre la lanuggine raggiunge uno sviluppo notevolissimo sulla pelle che riveste il tubercolo caudale che ha un’esistenza fugace.

Questi sono fatti che si rendono più manifesti di molti altri, ma non sono isolati. Si può asserire che ogni organo umano, nel suo sviluppo, percorre degli stadii che rappresentano lo stato normale e permanente di animali all’uomo sottoposti nella scala zoologica. Un bell’esempio ci fornisce il cuore, il quale dapprima è un semplice sacco, come quello di alcuni molluschi inferiori; poi si curva ad S e si divide in tre cavità, come quello dei pesci; più tardi ancora assume la composizione di quello degli anfibi, e solo da ultimo diventa un cuore umano.

Nè la questione deve restringersi all’uomo soltanto. Tutti sanno che gli animali non nascono coi loro caratteri definitivi, ma percorrono una serie di cambiamenti ora più ed ora meno profondi prima di raggiungerli. Perchè questo indugio, o questa preparazione? Noi siamo tanto abituati a cotesto andamento delle cose che non vi pensiamo nemmeno, ma saremmo assai sorpresi se in qualche caso lo sviluppo avesse a mancare.

Il fenomeno dello sviluppo è una delle pietre angolari della teoria dell’evoluzione, di quella teoria che non ammette la creazione separata ed indipendente delle singole specie, ma sostiene che da una forma organica, apparsa in un remoto passato, sieno discese tutte le altre per lenta e graduata trasformazione operatasi nel corso dei secoli traverso ad un numero grandissimo di generazioni.

Per comprendere l’intimo significato dello sviluppo supponiamo che la specie D sia discesa dalla specie C, e la C dalla specie B, e questa dalla specie A. Gli individui della specie D non nasceranno direttamente coi loro proprii caratteri, perchè i caratteri di A, B e C, pel principio di ereditarietà, cercheranno pure di apparire in quegli individui. E per la legge della ereditarietà in epoche corrispondenti, tutti i caratteri non si manifesteranno allo stesso tempo, ma i primi ad apparire saranno quelli di A, poi quelli di B, poi quelli di C, ed infine quelli della forma perfetta D. Con altre parole, l’individuo dovrà svilupparsi, ossia percorrere successivamente quegli stadii che ha attraversato la specie nel corso dei secoli. Resta ancora a sapersi, perchè questi stadii, durante lo sviluppo, sieno percorsi con rapidità ed incompletamente. La ragione, a quanto sembra, sta nel fatto che gli embrioni, così bene come le larve e le forme adulte, sono soggetti alla elezione naturale, la quale avrà accelerato o modificato lo sviluppo tutte le volte che la maggiore rapidità od un cambiamento del medesimo tornavano utili alla specie.