Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88/Ascoli, Noterelle: 1. Il dialetto tergestino. 2. ''pania impaniare''.

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Ascoli, Noterelle: 1. Il dialetto tergestino. 2. pania impaniare.

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Ascoli, Noterelle: 1. Il dialetto tergestino. 2. pania impaniare.
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NOTERELLE

di

G. I. A.


1. Il dialetto tergestino


La descrizione dei ’territorj friulani’, che si conteneva nei Saggi ladini, moveva dalla sezione intitolata: Lido adriatico orientale, così registrando le due varietà che vi spettano (Arch. I 479): 1. Dialetto friulano di Trieste, ora spento, che dico tergestino, per distinguerlo dal triestino, che oggi è l’appellativo del vernacolo veneto di quella città. - 2. Dialetto friulano di Muggia, ormai sullo spegnersi 1^ — Per la varietà di Muggia (borgata che rimane a breve distanza da Trieste e nella direzione verso Capodistria), la qual varietà bastava da sola a accertar la friulanità di un antico filone che si estendesse al lido adriatico orientale, avevo i saggi fornitimi da un egregio uomo, nativo di colà, che li raccoglieva con molta cura dal labbro degli ultimi che ancora la parlassero 2. Per la varietà della


^ [p. 448 modifica]vecchia Trieste, non avevo allora se non i Dialoghi del Mainati (1828). Che questi fossero genuini, m’era accertato, oltre e ben più che dagli argomenti d’ordine tradizionale, di cui tocco più in là, dall’insistente esame critico, a cui naturalmente io li aveva sottoposti, e in ispecie dalla piena congruenza che interveniva tra essi Dialoghi e i saggi viventi che m’arrivavano da Muggia. Di che pure è riparlato qui appresso.

Più tardi, ebbi notizia di un sonetto Tergestino’, che risaliva al 1796 e pur esso entrava pienissimamente nel complesso organico a cui spettano i Dialoghi e la varietà evanescente dell’antica Muggia 3. Ho anche, più tardi ancora, avuto occasione di considerare la versione ’istriana’, che è tra le sa‘lviatesche’ della novella di Boccaccio (secolo XVI), e di avvertire perciò le attinenze singolari che corron tra quel testo e i saggi del vecchio linguaggio tergestino e muggese (Arch. Ili 469 sgg.). La molta cortesia dell’abate Cavalli mi aveva intanto aggiunto una buona messe di spogli dialettali, che l’egregio uomo era venuto fa- [p. 449 modifica]cendo, per istudj suoi proprj, tra i documenti dell’Archivio triestino 4^ Dei quali spogli ip a buon dritto mi compiacqui, perchè, mercè di loro, le vestigia di codesta friulanità si discoprivano assai felicemente anche tra il XIV e il XVI secolo. Erano reliquie molto eloquenti, o meglio una parte delle eloquentissime reliquie che ancora si riusciva a raccogliere in un Archivio assai depauperato 5^; era, può ben dirsi, più di quanto tornasse lecito sperare. Poiché il ’tergestino’, sin da quei tempi, non poteva altro essere se non il linguaggio ’plebeo’ o ’rustico’, del quale a stento arrivavano alla dignità della scrittura, e come a marcio dispetto degli scribi, molto poveri esempj. Chi non iscriveva latino, scriveva in un tal quale veneziano, adoperava cioè il linguaggio che rappresentava insieme la cultura politica e il filone più cittadinesco della contrada, senza dir dell’italiano letterario che, qui come altrove, bizzarramente vi si commesceva6 ^. Lo stesso accade, per citare una sola ma assai calzante analogia tra le tante che si potrebbero, nel territorio bellunese, dove il linguaggio degli statuti, delle laudi, delle matricole ecc., in quanto non sia latino, è un veneziano che tanto o quanto ’letterateggia’, e non è punto il dialetto indigeno che pur viveva colà e vive sempre gagliardo e parlato da un popolo tanto più numeroso e compatto e omogeno che non fosse il tergestino. Gli studiosi verranno di certo rintracciando qualche cimelio o qualche


^ Archivio glottol. ital., X. 29 [p. 450 modifica]infiltrazione del parlare indigeno in codeste vecchie scritture veneziane del Bellunese; ma non sono ancora giunti, che io mi sappia, a ricavarne pur lontanamente quanto mercè il Cavalli s’è pel tergestino ormai ricavato dalle carte veneziane o venezianeggianti di Trieste. Si aggiunge, per restare al caso nostro, che non vi siamo limitati a singole voci della corrente tergestina, le quali erompano, o nelle risposte vernacole dei testimonj, o per altri particolari motivi, e così ci dieno i fenomeni più cospicui e caratteristici del friulano, come ca da ca o il -s de’ plurali e altro di simile, di che si riparla qui appresso; ma ancora vi ritroviamo qualche particolar fenomeno indigeno che s’è come imposto a quella specie di ’lingua franca veneziana’, in cui non avrebbe ragion d’essere, e che non si può ragionevolmente qui ripetere da altro fondamento che non sia il friulano. Alludo in ispecie al dileguo dell’-o e dell’-e cui precedesse una consonante momentanea o il nesso ST, dileguo estraneo al veneziano ed al veneto7 e mercè il quale Trieste rifulge, per lo stesso suo nome, in veste friulana, anche nelle sue antiche scritture veneziane {Triest, Tergest), come vi rifulge anche il suo Santo {San Z’ust); il che la portava, per una singoiar combinazione di cui più in giù si ritocca, a dover avere friulano tutt’intiero il suo antico stendardo: la bandérie di san Z’ust"8^. L’aversi nel 1828 i Dialoghi, nei quali scorre alla distesa la parlata tergestina (grandemente però rimota ormai, che s’intende, dalla sua ladinità o friulanità originaria), non contraddice punto, come ognun vede, alle ragioni storiali. Negli antichi documenti, la parlata [p. 451 modifica]plebea, non mai riuscita a assicurarsi l’alfabeto, faceva capolino a grandissimo stento 9^: qui, all’incontro, si trattava di raccoglierla con avidità, o anzi di aiìoltarla, perchè ne andasse conservato tutto quanto si poteva. Il Mainati diceva chiaramente nella prefazione, come il dialetto stava per estinguersi, e fosse d’uopo salvarlo, almeno in parte, dall’oblio -. In altre parole si può oggi dire, che le condizioni dialettologiche di Trieste eran nel 1828 non diverse da quelle in cui Muggia si trovava nel 1870 10^11. Se, d’altronde, la parlata di Trieste e la più solita di Muggia oggi è di tempra ben diversa da quella ch’era propria alle varietà friulane del lido adriatico orientale, pur da ciò non viene, e ognuno l’intende, alcuna difficoltà d’ordine storiale. L’antico linguaggio, che rappresentava un filone d’indigeni sempre più scarso od eclissato, finiva per tramontare, cedendo alla prevalenza del linguaggio ch’era proprio ai nuovi strati delle maggioranze civili. Non avviene già che A generi B, o B si svolga da A; ma avviene, che A, prima convissuto con B e poi insidiato da B, cessi d’esistere e lasci a B libero il campo. Così, per non citar qui pure che un solo esempio analogo e particolarmente adatto, l’odierna parlata dell’isola di Veglia, che ancora altro non è se non una parlata veneziana, non proviene già da quel ben diverso idioma neolatino ch’era il ’veglioto’, ma ha convissuto con questo e finì per inghiottirlo. Senonché, ora sorge il sign. Oddone Zenatti a polemizzare con T’Ar- ■chivio glottologico’ sul capitolo del dialetto ’tergestino’, e procede nell’opera sua (duolmi per più ragioni d’esser costretto a dirlo) per vie così stranamente contorte, che non si sa bene donde farsi per rad1

. ’ ’Sul principio del 1870, lo schietto muggese, cioè il friulano di Mug- ’gia, più non si parlava se non in due o tre famiglie, e dai soli vecchi, ’quando conversavano tra loro.’ Arch. I 479 n. [p. 452 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/460 [p. 453 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/461 [p. 454 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/462 [p. 455 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/463 [p. 456 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/464 [p. 457 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/465 [p. 458 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/466 [p. 459 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/467 [p. 460 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/468 [p. 461 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/469 [p. 462 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/470 [p. 463 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/471 [p. 464 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/472 [p. 465 modifica]il giorno in cui il sign. Zenatli non me ne debba far carico. Poiché egli si mostra un giovane di vivo e molto ingegno, e l’audacia ò più volte foriera d’intendimenti robusti. Sorga egli dunque alla riscossa, e si mostri degno d’entrare nel tempio della Verità.

2. pania, impaniare.


Tra le affermazioni dellArch. glottol.’, una delle più antiche e costanti é quella che fa digradare il tipo placito in ’^pldgito piajito pidilo piato, e lo fa cosi coincidere, nella evoluzione, col tipo cogito o fragile {fràgile frdile frale-, ecc.); v. per es. I 80, IX 104 sg. In questa affermazione si complicava la sentenza circa la vera natura del e e del g; e anche per questa T’Arch. glottol.’ or si rallegra di ben preziose adesioni. Si è egli studiato di evitare, anche intorno a tutto ciò, ogni discussione che gli paresse o inopportuna o superflua; e solo ha notato, nel secondo dei luoghi ricordati dianzi, che non gli potesse piacere una certa opposizione di Gugl. Meyer. È perciò viva la sua soddisfazione nel vedere, come il Meyer stesso, nella bella ’grammatica italiana’, data dal D’Ovidio e da lui all’ottimo ’Grundriss’del Grober (I 531; §§ 69, 74, cfr. § 82), venga ora, con assoluta precisione, alla dottrina che prima impugnava ’12. Sia cosi lecito sperare, che alcun che di simile accada anche per altri punti controversi, e che la dignità della critica sia sempre mantenuta a quell’altezza che si deve.

Un esito, che entra nelle serie qui sopra indicate, è quello di *appaginare, nel senso di ’connettere, disporre accuratamente’, che ho



Archivio glottol. ital, X. 90 [p. 466 modifica]Pagina:Archivio Glottologico Italiano, vol. 10, 1886-88.djvu/474

  1. 1 Non ostante che entrambe le varietà, nella condizione in cui ci è dato riconoscerle, abbiano molto sofferto, in ispecie per gl’influssi veneti, come appunto era notato nel detto luogo, il loro posto era e rimane giustamente fissato nel modo che ivi si faceva. Il complesso dei caratteri ladini o friulani che spiccano in codeste varietà e in ispecie la piena permanenza del ca da CA e la permanenza del -s di plurale, le distaccava manifestamente dalle varietà che si raccoglievano nella serie intitolata ’Ladino e Veneto’ e le assegnava inconfutabilmente al territorio in cui eran collocate.
  2. Codesto muggese egregio era l’ingegnere Vallon, membro del Consiglio municipale di Trieste (1870). Più innanzi, mi varrò largamente della sua raccolta (già messa a profitto anche ne’ Saggi ladini), conservandone la ortografia originale. Vi si contiene anche una strofa, il cui primo verso così suona:

     Mugla biella di quattro ciantons!

    Del rimanente, questo degli ’ultimi parlanti’ altro non poteva essere se non un modo di dire per gli ultimi che ancora avessero più o men puro l’antico linguaggio. Ma spento non deve egli sicuramente essere ancora; e farebbe davvero opera benemerita chi si studiasse di raccoglierne e ordinarne le reliquie. Intanto va ringraziato l’autore della pregevole versione ‘muggese’ che è nella collezione del Papanti (Giacomo Zaccaria), pubblicatasi nel 1875; della qual versione pur mi varrò, citandola per ‘nov. boccacc.’ o semplicemente per ’Novella’.
  3. 1 Ecco il sonetto, con la sua introduzione e la firma, pubblicatosi primamente nel periodico triestino ’Il Caleidoscopio’ anno IV, num. xxvi (22 giugno 1845): Memoria per i nuestri posterior della consacrazion fatta nella Glesia de san Zust martir del nov Vesco, nella persona dell’illustrissem e reverendissem monsignor Ignazio Gaetam de Buset in Fraistemberg ecc., nel am 1796. - Sonet. - Nell’am, che chi de sora se segna, - Ai ventitrei Ottober, de domenia el di - Nella Glesia Cattedral, che avem noi chi,- El Vesco, nuestro Pastor, an consacra — So Altezza Brigido Consacrator se sta - Arzivesco de Lubiana e a Lui unì- Come prescriv la Glesia, an assisti, - El Vesco Derbe, col Degam mitra — Ai treni de chel am e de chel mess - Monsignor consacra Vesco de Buset - Ai chiolt el spiritual e temporal possess. — Grazia riendem, e preghèm Dio benedet - Che lo conservis de ogni mal illes - Col Papa e Jmperator che l’ara elett. — In segn de venerazion, tm ver Triestin. — G. M. B.
  4. 1 Formerebbero questi spogli, comprese le parche e savie avvertenze del raccoglitore, circa una dozzina di pagine di stampa del sesto e dei caratteri di queste che stanno dinanzi a chi legge. S’aggiungeva la copia di una supplica del 1413 (Arch. gì. IV 357, num. 5) e di parte degli Statuti del 1421 (ib., num. 7).
  5. 2 ’In generale, il nostro Archivio è povero. Gettato di soffitta in soffitta ’come ingombro inutile negli ultimi anni del 1700 e ne’ primi del 1800, ’ manomesso e spogliato da chi sa quanti, venduto alle cartiere a barche ’ (il Kandler è giunto a salvarne una, destinata alla cartiera di Fiume), ’non è punto meraviglia che sia ridotto a così poca cosa.’ Cavalli, 14 novembre 1877.
  6. S’abbiano per codeste mescolanze, i seguenti due esempj. — Banchus -Maleficiorum, 1384, voi. IX, 48^ (testimonianze): vede go che voi me faceste quando io stava non debevi fa)- mal ne andar per hi teti involando e quello che io te fexi io feva per castigarle e che tu fecessis hem. — Supplica del 1413: Conzosia cassa che nuij plui volte som sta denanzi de voy domandando che vuij ne metissa (-issa) limposla delle carne de castrom.
  7. 1 Circa i limiti per il dileguo di codeste atone finali nei parlari veneti, v. Arch. I 428. Li varcava il dialetto di Lido Maggiore, ma con esso usciamo appunto dalle condizioni schiettamente venete. A proposito del quale dialetto, sia lecito aggiungere una notizia che qui non manca di opportunità. Mal si potrebbe imaginare più schietto e genuino documento di quel che sia il volume da cui attingemmo la conoscenza della caratteristica parlata di Lido Maggiore (a. 1312-19). Ma quella fonte resta Tunica, sebbene più tardi si sieno trovati ’alcuni frammenti dei volumi dei ’■Podestà di Lido Maggiore, stesi in dialetto’ (Cecchetti, 25 febbrajo 1874). Qui il dialetto, come l’egregio direttore dell’Archivio veneziano sùbito avvertiva, non è il ’lidomaggiorino’; è il veneziano. E il saggio che io n’ebbi dalla sua molta cortesia pur risale al 1356-7.
  8. 2 più correttamente: la banderie de sani Z’ust. — Penetra l’elemento friulano pur nel latino delle carte triestine; cfr. Arch. IV 365.
  9. Avrebbe il tergestino potuto lasciare larga orma di sé anche nei secoli andati, se i canti del popolo o di qualche robusto ingegno poetico lo avessero illustrato, come per altri dialetti congeneri accadeva. Ma non era facile che questo avvenisse, e a ogni modo non è avvenuto. Buona parte dei cimelj si deve però sempre agli estri popolari, in quanto riviene a soprannomi e a invettive.
  10. 2 ’... come lavoro tendente a conservare almeno in parte la memoria di ’ un dialetto che va ad estinguersi ’
  11. ’ ’Sul principio del 1870, lo schietto muggese, cioè il friulano di Mug- ’gia, più non si parlava se non in due o tre famiglie, e dai soli vecchi, ’quando conversavano tra loro.’ Arch. I 479 n
  12. * Stuona però alquanto, che si continui, da chi l’adotta, a porre ts per e e dz per g, le quali combinazioni contraddirebbero alla dottrina stossa, sì nel rispetto fisiologico e sì nello storico. — Nello stesso libro, I 532, pone Gugl. Meyer un *praebyter, cui ricondurre l’it. prete, senza spiegarsi circa i particolari motivi di codesta ripristinazione. Forse pensa egli pure, ohe presbyter (donde non si arriva all’it. prete) si rifoggiasse sopra arbiter. Ma gioverà non perdere di vista praebitor, che valeva quanto nipn-^oi e si offriva a una congenere evoluzione di significato. La forma norninativale praebitor darebbe senz’altro il lomb. prévet e un it. *preto, col pi. preti (cfr. sorto sarti).