Asolani/Libro primo/XXX

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Libro primo - Capitolo XXX

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Libro primo - Capitolo XXX
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Questi segue una donna crudele, il quale pregando, amando, lagrimando, dolente a morte, tra mille angosciosi pensieri durissima fa la sua vita, sempre più nel disio raccendendosi. A colui, servente d’una pietosa divenuto, la fortuna niega il potere nelle sue biade por mano, onde egli tanto più si snerva e si spolpa, quanto più vicina si vede la disiderata cosa e più vietata, e sentesi sciaguratamente, quasi un nuovo Tantalo, nel mezzo delle sue molte voglie consumare. Quell’altro, di donna mutabile fatto mancipio, oggi si vede contento, domani si chiama infelice e, quali le schiume marine dal vento e dall’onde sospinte ora innanzi vengono e quando adietro ritornano, così egli, or alto or basso, or caldo or freddo, temendo, sperando, niuna stabilità non avendo nel suo stato, sente e pate ogni sorte di pena. Alcun altro, solo di poca e debole e colpata speranza pascendosi, sostenta miseramente a più lungo tormento gli anni suoi. E fie chi, mentre ogni altra cosa prima che la sua promessa fede o il suo lieto stato crede dovere poter mancare e rompersi, s’avede quanto sono di vetro tutte le credenze amorose e, nel secco rimanendo de’ suoi pensieri, sta come se il mondo venuto gli fosse meno sotto a’ piedi. Surgono oltre a queste repentinamente mille altre guise di nuove e fiere cose, involatrici d’ogni nostra quiete e donatrici d’infinite sollecitudini e di diversi tormenti apportatrici. Perciò che alcuno piagne la sùbita infermità della sua donna, la quale nel corpo di lei l’anima sua miseramente tormenta e consuma. Alcuno, d’un nuovo rivale avedutosi, entra in subita gelosia e dentro tutto ardendo vi si distrugge, con agro e nimichevole animo ora il suo aversario accusando e ora la sua donna non iscusando, né sente pace se non tanto, quanto egli solo la si vede. Alcuno, dalle nuove nozze della sua turbato, non con altro cuore gli apparecchi e le feste che vi si fanno riceve, né con più lieto occhio le mira, che se elle gli arnesi fossero e la pompa della sua sepoltura. Altri piangono in molte altre maniere tutto dì, da subita occasion di pianto sventuratamente soprapresi, delle quali se forse il caso o la virtù alcuna ne toglie via, in luogo di quella molte altre ne rinascono più acerbe spesse volte e più gravi; onde vie men dura condizione avrebbe chi con la fiera Hidra d’Hercole avesse la sua battaglia a dover fare, che quegli non ha, a cui conviene delle sue forze con la ferezza d’Amore far pruova. E quello che io dico de gli uomini, suole medesimamente di voi, donne, avenire, e forse, ma non l’abbiate voi, giovani, a male, delle quali io non ragiono, come che io mi parli con voi, forse, dico, molto più. Perciò che da natura più inchinevoli solete essere e più arrendevoli a gli assalti d’Amore che noi non siamo, e voi le vostre fiamme più chiaramente ardono che noi le nostre non soglion fare; quantunque poi molti particolari accidenti, che a ciascuna soprastanno, vie più, che noi non siamo, sopravedute vi facciano e riguardose.