Asolani/Libro secondo/IV

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Libro secondo - Capitolo IV

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Aveano a piacevole sorriso mosse le ascoltanti donne queste ultime parole di Gismondo, e madonna Berenice tuttavia sorridendo, all’altre due rivoltasi così disse: - Male abbiam procacciato, compagne mie care, poi che sopra di noi cadono le costoro quistioni.

A cui Sabinetta, della quale la giovanetta età e la vaga bellezza facevano le parole più saporose e più care, tutta lieta e piacevole rispose: - Madonna, non vi date noia di ciò: elle non ci toccano pure. Perciò che dimmi tu, Gismondo, qua’ donne volete voi che sien di danno alla vostra vita: le giovani o le vecchie? Certo delle giovani secondo il tuo argomentare non potrai dire, se non che elle vi giovino; con ciò sia cosa che Giovani e Giovano quella medesima somiglianza hanno in verso di sé che tu delle Donne e del Danno dicesti. Il che se tu mi doni, a noi basta egli cotesto assai: le vecchie poi sien tue.
- Sieno pure di Perottino, - rispose tutto ridente Gismondo - la cui tiepidezza e le piagnevoli querele, poi che le somiglianze hanno a valere, assai sono alla fredda e ramarichevole vecchiezza conformi. A me rimangano le giovani, co’ cuori delle quali, lieti e festevoli e di calde speranze pieni, s’avenne sempre il mio, e ora s’aviene più che giamai, e certo sono che elle mi giovino, sì come tu di’. - A queste così fatte parole molte altre dalle donne e da’ giovani dette ne furono, l’uno all’altro scherzevolmente ritornando le vaghe rimesse de’ vezzosi parlari. E di giuoco in giuoco per aventura garreggiando più oltre andata sarebbe la vaga compagnia, nella quale solo Perottino si tacea, se non che Gismondo in questa maniera parlando alla loro piacevolezza pose modo: