Asolani/Libro secondo/XI

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Libro secondo - Capitolo XI

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Ma che diresti tu ancora se io, tutte queste ragioni donandoti amichevolmente, e buono facendoti quello stesso che tu argomenti, che amare altrui non si possa senza dolore, ti dicessi che questo amar le donne, che noi uomini facciamo, e che le donne fanno noi, non è amare altrui, ma è una parte di sé amare e, per dir meglio, l’altra metà di se stesso? Perciò che non hai tu letto che primieramente gli uomini due faccie aveano e quattro mani e quattro piedi e l’altre membra di due de’ nostri corpi similmente? I quali poi, partiti per lo mezzo da Giove, a cui voleano tôrre la signoria, furono fatti cotali, chenti ora sono. Ma perciò che eglino volentieri alla loro interezza di prima sarebbono voluti ritornare, come quelli che in due cotanti poteano in quella guisa e di più per lo doppio si valevano che da poi non si sono valuti, secondo che essi si levavano in piè, così ciascuno alla sua metà s’appigliava. Il che poi tutti gli altri uomini hanno sempre fatto di tempo in tempo, e è quello che noi oggi Amore e amarci chiamiamo. Per che se alcuno ama la sua donna, egli cerca la sua metà, e il somigliante fanno le donne, se elle amano i loro signori. Se io così ti favellassi, che mi risponderesti tu, o Perottino? Per aventura quello stesso che io pure ora d’intorno a’ tuoi miracoli ragionando ti rispondea, ciò è che questi son giuochi de gli uomini, dipinture e favole e loro semplici ritrovamenti più tosto e pensamenti che altro. Non sono queste dipinture de gli uomini, né semplici ritrovamenti, Perottino. La natura stessa parla e ragiona questo cotanto che io t’ho detto, non alcuno uomo. Noi non siamo interi né il tutto di noi medesimi è con noi, se soli maschi o sole femine ci siamo. Perciò che non è quello il tutto, che senza altrettanto star non può, ma è il mezzo solamente e nulla più, sì come voi, donne, senza noi uomini e noi senza voi non possiamo. La qual cosa quanto sia vera già di quinci veder si può, che il nostro essere o da voi o da noi solamente e separatamente non può aver luogo. Oltre che eziandio quando bene separatamente ci nascessimo, certo, nati, non potremmo noi vivere separatamente. Perciò che se ben si considera, questa vita, che noi viviamo, di fatiche innumerabili è piena, alle quali tutte portare né l’un sesso né.ll’altro assai sarebbe per sé bastante, ma sotto esso mancherebbe; non altramente che facciano là oltre l’Alessandria tale volta i cameli, di lontani paesi le nostre mercatanzie portanti per le stanchevoli arene, quando aviene per alcun caso che sopra lo scrigno dell’uno le some di due pongono i loro padroni, che, non potendo essi durare, cadono e rimangono a mezzo camino. Perciò che come potrebbono gli uomini arare, edificare, navicare, se ad essi convenisse ancora quegli altri essercitii fare che voi fate? O come potremmo noi dare ad un tempo le leggi a’ popoli e le poppe a’ figliuoli e tra i loro vagimenti le quistioni delle genti ascoltare? o drento a’ termini delle nostre case, nelle piume e ne gli agi riposando, menare a tempo le gravose pregnezze e a cielo scoperto incontro a gli assalitori, per difesa di noi e delle nostre cose, col ferro in mano e di ferro cinti discorrendo guerreggiare? Che se noi uomini non possiamo e i vostri uffici e i nostri abbracciare, molto meno si dee dir di voi, che di minori forze sete generalmente che noi non siamo. Questo vide la natura, o donne, questo ella da principio conoscea e, potendoci più agevolmente d’una maniera sola formare come gli alberi, quasi una noce partendo ci divise in due, e quivi nell’una metà il nostro e nell’altra il vostro sesso fingendone, ci mandò nel mondo in quella guisa, abili all’une fatiche e all’altre, a voi quella parte assegnando, che più è alle vostre deboli spalle confacevole, e a noi quell’altra sopraponendo, che dalle nostre più forti meglio può essere che dalle vostre portata; tuttavia con sì fatta legge accomandandoleci e la dura necessità in maniera mescolando per amendue loro, che e a voi della nostra e a noi della vostra tornando huopo, l’uno non può fare senza l’altro; quasi due compagni che vadano a caccia, de’ quali l’uno il paniere e l’altro il nappo rechi, che quantunque essi caminando due cose portino, l’una dall’altra separate, non perciò poi, quando tempo è da ricoverarsi, fanno essi ancora così, pure con la sua separatamente ciascuno, anzi sotto ad alcuna ombra riposatisi, amendue si pascono vicendevolmente e di quello del compagno e del suo. Così gli uomini e le donne, destinati a due diverse bisogne portare, entrano in questa faticosa caccia del vivere, e per loro natura tali, che a ciascun sesso di ciascuna delle bisogne fa mestiero, e sì poco poderosi che, oltre alla sua metà del carico, nessun solo può essere bastante; sì come le antiche donne di Lenno e le guerreggevoli Amazone con loro grave danno sentirono, che ne fêr pruova, le quali mentre vollero e donne essere e uomini ad un tempo, per quanto le loro balìe si stenderono, e l’altrui sesso affine recarono e il loro.