Avventure fra le pelli-rosse/24. Abel Doc

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24. Abel Doc

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24.

Abel Doc


Mentre Randolfo ed i suoi infelici compagni venivano condotti separatamente in alcune tende situate al centro del villaggio e guardati da molti guerrieri scelti fra i più anziani ed i più valorosi, Cuor Duro entrava nella capanna abitata da Braxley per rendere conto, al suo complice, della fortunata cattura degli eredi.

— Tutti presi? — chiese Braxley, correndogli incontro con vivacità.

— Tutti — rispose Abel Doc sorridendo malignamente. — Devo però darvi una notizia che non vi farà molto piacere.

— Forse che Mary è scomparsa?

— No, si trova sotto buona guardia, nella capanna della moglie di Wenouga.

— Ditemi di cosa si tratta.

— Abbiamo catturato anche suo fratello.

— Randolfo? — gridò Braxley con ira.

— Precisamente.

— Quel miserabile Pankiskaw non l’aveva ucciso!...

— Se Randolfo è ancora vivo vuol dire che l’indiano non l’ha né abbruciato né scalpato, come voi gli avevate ordinato.

— Dov’è quel cane d’indiano?

— È morto lui invece.

— Chi l’ha ucciso?

— Scibellok, lo spirito della foresta.

— Anche voi credete all’esistenza di quell’uomo misterioso?

— Certo, Braxley. È il nemico più terribile che abbiano le pelli-rosse.

— Come si sono fatti sorprendere quegli stupidi?

— Si saranno ubriacati. Pankiskaw era un beone ed avendo con sé un barilotto d’acquavite, avrà alzato soverchiamente il gomito.

— Cosa fare adesso? Se Randolfo è vivo tutto è perduto per me, tanto più che il testamento mi è stato rubato.

— Quella carta preziosa si troverà — disse Cuor Duro con un sorriso ironico.

— E dove? Senza quel testamento non potrei far valere i miei diritti.

— Lo cercheremo, Braxley. È una carta che non ha alcuna utilità per gl’indiani. Non avete alcun sospetto?

— Su quell’indiano o meglio su quel bianco camuffato da pelle-rossa che mi sorprese nella mia tenda.

— No, non è stato lui a rubarvelo — disse Abel Doc. — Ho frugato quell’uomo e non ho trovato assolutamente nulla nelle sue tasche. Non inquietatevi, per ora; il documento in qualche luogo si troverà.

— E Randolfo?

— Non è in nostra mano?

— Lo si ucciderà?

— L’Avvoltoio Nero non è uomo da risparmiarlo.

— Non domando di più. A me basta che si risparmi Mary.

— Vi sposerà? — chiese Abel Doc con ironia.

— La costringerò.

— Sì, sì, la costringeremo — disse Abel Doc con un sorriso sardonico. — Addio, Braxley, vado a cercare il testamento.

Il vecchio s’alzò, bevette un gran bicchiere d’acquavite che Braxley gli aveva vuotato, poi uscì, lestamente. Attraversò alcune viuzze, s’arrestò dinanzi alla tenda entro la quale si trovava Randolfo.

Scambiò alcune parole coi guerrieri che vegliavano fuori, raccomandò a loro di non lasciar entrare nessuno, poi alzò la tenda e scivolò nell’interno.

Randolfo stava sdraiato su di una pelle di bisonte colle mani e le gambe strettamente legate.

Il povero giovane, affranto da tante emozioni, in pochi minuti era diventato quasi irriconoscibile.

Vedendo apparire Abel Doc, fece uno sforzo per alzarsi.

— Mi conoscete? — chiese il vecchio, sedendosegli accanto.

— Sì, voi siete il padre di Telie — disse Randolfo.

— Vengo da amico e non da nemico.

Un sorriso sprezzante apparve sulle labbra del giovane.

— Voi siete un miserabile — gli disse.

— Sì, lo fui, — rispose Abel Doc, — e non me la prendo a male se voi mi gettate in viso questo insulto. Aspettate però a giudicarmi.

— Cosa volete da me?

— Avete veduto mia figlia?

— Sì, è venuta a portarmi dei viveri.

— Ne ho piacere — disse Doc.

Rimase silenzioso qualche po’, indi riprese:

— Sapete quale sorte vi attende?

— La morte — rispose Randolfo.

— E non vi spaventa?

— Io non la temo.

— Lo so, voi siete valoroso, però alla vostra età si amerebbe meglio vivere.

— Avete finito ora? Andatevene, traditore della vostra razza. La vostra vista mi fa male.

— Ho invece da parlarvi a lungo — disse Doc. — Ascoltatemi con calma e risparmiatemi delle offese che sono inutili. Sono stato un miserabile, un birbante, lo so meglio di voi, a che prò quindi ripetermelo? Io vengo qui da amico, non come un avversario, e per proporvi un affare.

— Se la morte mi aspetta, trovo inutile trattare degli affari.

— Dalla sua conclusione può scaturire la salvezza vostra e quella di vostra sorella — disse Abel Doc con voce lenta.

Randolfo aveva alzato il capo, guardando fisso Cuor Duro.

— Non si tratta di una vana speranza?

— No, e chi ve lo dice è il padre di Telie, di quella fanciulla che ha sempre vegliato su vostra sorella e che vi ha sempre voluto bene.

— Allora vi ascolto.

— Ditemi innanzi tutto come avete fatto a fuggire dalle mani del vecchio Pankiskaw e dei suoi guerrieri.

— Questo non ha nulla da fare col patto che volete propormi, suppongo. A voi non deve importare il sapere in quale modo sono stato liberato.

— Temete che io possa irritarmi?... Se anche aveste ucciso il vecchio guerriero ed i suoi compagni, a me non importerebbe molto. Nelle mie vene scorre il sangue dei bianchi e non già quello degli indiani, dunque?

— Essi sono stati uccisi da un valoroso scorridore di prateria.

— Non era Scibellok?

— No.

— Tanto meglio. Si erano ubriacati gl’indiani?

— Avevano abusato soverchiamente dell’acquavite che possedevano.

— Non vi avevano fatto alcun male?

— Nessuno.

— Eppure essi avevano ricevuto l’ordine di farvi scomparire.

— Di uccidermi?

— Di abbruciarvi vivo nella prateria.

— Miserabili! — gridò Randolfo. — Chi poteva aver dato a loro un simile incarico? Voi forse Abel Doc?

— No, l’Avvoltoio Nero.

— Ed a quale scopo? A chi poteva interessare la mia morte?

— Non lo so.

— Sicché ora vorranno pure farmi sparire.

— Lo credo — rispose Abel Doc con accento triste. — Alcuni indiani che hanno potuto ammirare il vostro coraggio, vorrebbero invece farvi adottare dalla tribù; altri, più numerosi, vogliono invece uccidervi per vendicare la morte di Pankiskaw e dei suoi compagni.

— E mia sorella? — chiese Randolfo con un brivido d’orrore.

— Oh! Non temete per la vostra Mary. Vi è qualcuno che veglia su di lei.

— Chi? Forse quell’infame Braxley? Io so che si trova in questo villaggio.

— È lui che la protegge.

— Con quale scopo?

— Vorrebbe fare di quella ragazza sua moglie.

— E voi osate dirmelo! — gridò Randolfo con indignazione. — E voi vi siete prestato, per un po’ d’oro, a condurre a buon fine questo infame affare?

— Una volta ero un uomo onesto — disse Doc con un sospiro. — Le vicende della vita hanno fatto di me un furfante e non ho avuto orrore ad aiutare Braxley nella sua triste impresa. Ora però sarei ben contento di esservi utile e di definire bene questo affare per salvarvi. Credetemi, però, voi non potrete salvarvi senza concedere a Braxley la mano di vostra sorella ed accettare gli altri patti.

— Quale speranza ha quel miserabile Braxley, per sposare mia sorella?

— Di diventare l’erede della sostanza lasciata da vostro zio.

— Il figlio adottivo di mio zio è proprio morto?

— Sì, — rispose Abel Doc, — è stato ucciso dagli indiani, presso le frontiere del Messico.

— L’eredità allora sarebbe nostra?

— Sì, signor Harringhen, tanto più che esiste anche un testamento fatto più tardi, col quale vostro zio nominava voi e vostra sorella eredi legittimi delle sue sostanze.

— Chi lo possiede?

— È in nostra mano.

— E non me lo darete?

— No, se non accettate le mie proposte.

— E sono?

— Di concedere la mano di vostra sorella a Braxley e di regalare, non a me, bensì a mia figlia Telie, la somma di diecimila piastre.

— A Telie che ha sempre protetta mia sorella darei anche il doppio; mi rifiuto però assolutamente di dare il mio consenso al matrimonio di mia sorella. Mary odia, al pari di me, quel miserabile Braxley.

— Questo è vero. Badate che si tratta della vostra vita.

— Non temo la morte.

— Rifiutate?

— Rifiuto.

— Signor Harringhen, pensateci. L’Avvoltoio Nero è l’amico di Braxley e non vi risparmierebbe.

— È inutile tentarmi e voi, che poco fa mi diceste di essere stato un tempo un uomo onesto, non dovreste consigliarmi ad accettare tali condizioni.

— Voi avete non una, bensì mille ragioni. Io vi consiglio però di accettare il patto per salvarvi.

— Un consiglio cattivo che non poteva uscire che dalle labbra di un miserabile pari vostro.

— No miserabile — disse Abel Doc. — Sono stato un disgraziato invece.

— Un disgraziato voi! Volete scherzare, Abel Doc. Voi, che siete diventato il peggior nemico degli uomini bianchi e che vi siete dimenticato così presto dei vostri confratelli?

— Vi sono stato costretto, signor Harringhen. Se io non mi fossi schierato contro gli uomini bianchi, gl’indiani mi avrebbero ucciso da un bel pezzo. Credete che io abbia abbandonato volontariamente il forte del capitano Linthon, per venirmi a cercare un posto fra questi indiani? No signor Harringhen. Fatto prigioniero dall’Avvoltoio Nero, durante una scorreria, fui a forza adottato dalla tribù e qui dovetti rimanere.

— Io al vostro posto mi sarei fatto uccidere.

— Amavo troppo Telie per abbandonarla sola in mezzo a questi deserti.

— Il capitano Linthon l’aveva adottata.

— Non lo seppi che molto tardi, quando ormai ero diventato anch’io quasi un indiano. Basta! Lasciamo queste tristi cose e occupiamoci di voi ora. Accettate ciò che vi ho proposto?

— È impossibile, Abel Doc.

— Vi lascio tempo fino a domani per pensarci. Ricordatevi che un vostro rifiuto costerebbe la vita a voi ed a tutti i vostri compagni. Addio, signor Harringhen. Pensateci!

Abel Doc si alzò, prese il suo fucile e se ne andò senza volgersi indietro.