Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Camillo Ravioli
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RAVIOLI CAV. CAMILLO
Consigliere Municipale
lo scrittore che deve allungarsi così da giungere fino al fondo della lettura se la pazienza di tanto lo sorregge, e per l’individuo che deve essere stretto ed accorciato di tanto da essere contenuto in quattro pagine di stampa. - Se scrivendo dei Consiglieri Comunali a Roma dopo il settembre 1870 si dovesse di chi appagare la personale ambizione, di altri magnificare virtù e talenti e qualità che stanno in desiderio, di altri ancora ciò che fare dovrebbero come già fatto raccontare ed elogiare, certo è che lo scrittore troverebbesi a mal agio, poichè la lena verrebbe meno in esso prima che in altrui il desiderio di vederlo il nome e le opere sotto di ogni forma ripetutamente descrivere.
Ed accingendoci noi a scrivere di coloro che vennero dal popolo Romano mandati al Campidoglio, perchè gl’interessi dei cittadini in armonia con quelli della Famiglia e dello Stato lassù trattassero, ben fino dal principio riconoscemmo ardua fatica, non per la materialità di sbozzare una figura, ritrarne bene l’effigie - sempre con la pubblica veste - e poi metterla innanzi ai curiosi ed ai critici, ma perchè sapevamo come nè gli amici si sarebbero appagati, nè gli avversari avrebbero avuto stoffa bastevole fra mano per tagliare un nuovo abito alla critica. - Non puossi ammettere che l’uomo perchè ha un carattere pubblico cessi d’esser uomo, chè anzi lo è due, cinque, dieci volte tanto quante sono le passioni ora nobili e generose, ora vane od interessate, che lo modificano in ragione di tempo e di luogo. - Che il lettore non formi giudizi temerari credendo che a Tizio od a Caio intendiamo applicare il fin qui scritto: nè, lo dichiariamo franchi; lasciammo correr libera la penna poichè provavamo il bisogno di dire alcune verità che ci serrano il collo; e detto ciò scriviamo di Camillo Ravioli, che insino a qui tenne alzata la portiera per lasciarci entrare a discorrere.
Camillo, Luigi, Michele Ravioli - tre nomi ed una persona sola - nasceva in Roma nel dì 4 Dicembre 1818. - Vanta una origine antica ed illustre per parentela paterna con i Rovero d’Asti, e con i marchesi Marini per parte di madre.
Il Ravioli è buon cristiano, e rammenta sempre con santa affezione di gioia il dì 11 Luglio 1826 quando il principe Girolamo Bonaparte rappresentato dal conte Pompeo Azzolini di Fermo, gli fu padrino nel sagramento della Cresima. - Ebbe ad istitutore il sacerdote don Cristoforo Rossini, ma dopo le noie delle grammatiche lo si voleva dal padre avviato negli studi di filosofia e medicina, quando rimasto orfano, per cura dello zio Marini ammesso presso l’ingegnere Paolo Provinciali, comandante il Gonio militare romano, dodicossi tutto all’arte architettonica, quindi passato nelle scuole militari di castel sant’Angolo fu inscritto nel 1839 quale foriere in una compagnia di Pionieri del Genio, e poi noi comando del Corpo. Nel 1840, nominato segretario di Stato maggiore per la spedizione in Egitto con incarico di visitare i monumenti, complire il viceré Mehemet-Alì, e caricare gli alabastri regalati a papa Gregorio XVI, passava in Oriente, e nel ritorno vedevasi fregiato della medaglia d’oro benemerenti, rammentata dal Moroni alla parola Egitto nel suo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica. - Non seguiremo il Ravioli nei molti lavori compiuti, nelle varie missioni avute, nei gradi e cariche occupate, nelle relazioni strette con persone ragguardevolissime per lignaggio e per sociale posizione, chè mano mano ci condurebbero alla solita pagina dell’epopea del 1848, nella quale occupò il Ravioli buona parte con i combattimenti nel Veneto, con la strenua difesa di Vicenza, e finalmente con la resistenza di Roma.
Ciò che torna a grande onore del Ravioli si è, che dopo cessata la guerra nel 1849 dovette darsi a fare il maestro di lingua specialmente ad inglesi che venivano a svernare in Roma, e ciò per procurarsi con il lavoro le soddisfazioni ai bisogni della vita, che altri avendo meno fatto e più assai guadagnato non trovavano necessario. - E nel quieto vivere dello studio e del lavoro scampò per vario tempo le molestie nelle quali era facile cadere sotto una polizia vigilante e sospettosa appresso alla restaurazione, ma la stretta amicizia contratta con il Lipari guadagnogli il carcere prima, poi il bando. - Studioso ma senza genio, scrittore ma senza eleganza, erudito ma senza molto elevarsi pubblicò parecchi lavori, i quali fra i contemporanei gli meritarono pure elogi siccome ad uomo che sapeva distinguersi nella grande schiera di quanti vivono la vita accidentale del giorno. Scrisse sull’arte civile e militare, e meglio d’archeologia, ma del tutto riportiamo le parole testuali da una autibiografia, per le quali rilevasi più particolarmente come fino dal 1847 avesse trattato il quesito dell’uso delle ferrovie nei trasporti militari, ed eccole:
«I capitani si porranno a tavolino.... non per trovar miglior modo d’invadere; poiché modo l’avranno facile con lo studio che faranno su poche rotaie di ferro; il che si operò l’anno appresso, quando nella campagna del Veneto Durando si servì della ferrovia come mezzo di guerra, e il Rustow nella «Guerre de 1866 en Allemagne et en Italie, pag. 106» dice: Chacun des partis a le plus grand interêt à enlever à l’autre les avantages que pourrait lui procurer une pareille ligne comme base des opérations. Aussi ces lignes de chemins de fer doivent-elles être l’objets d’attaques sérieuses». Nello stesso anno pubblicò pure nella Locomotiva (n. 16, pag. 123 e seg.) le Riflessioni Strategiche da considerarsi nella costruzione delle strade ferrate negli stati pontificii; in esse a pag. 131 si leggo: La capitale è quella che deve primamente e fortemente coprirsi e difendersi - e questa Capitale era ed è Roma. Nel Contemporaneo (n. 7, 17 novembre 1847) trattò in un lungo articolo dell’Artiglieria da campo a darsi ai Corpi civici in caso di guerra; e nell’aprile 1848 la civica romana e bolognese ebbe la sua artiglieria, che si segnalò a Vicenza. Nel 1S58 pubblicò un Discorso della vita e delle opere del marchese Luigi Marini con dedica (ediz. in folio) alla Memoria di re Carlo Alberto, e ne mandò alcuni esemplari alla R. Militare Accademia di Torino; e il generale Pettinengo, come Governatore di quella, col 14 febbraio 1859, nel fare all’autore i ringraziamenti d’uso, v’aggiunse il ricordo, che il Marini ebbe donato una preziosa raccolta di libri e codici militari all’Accademia suddetta, e che l’opera del Ravioli sarebbe nella stessa sala Mariniana conservata. Nel 1863 dette alle stampe le Notizie sui lavori di architettura militare ecc. dei nove da Sangallo, le quali incontrarono il favore dei dotti. Tra questi il più dotto e il più celebre tra gli architetti, Carlo Promis, di cui l’Italia or piange la morte avvenuta il 20 maggio di quest’anno, parlò di quel lavoro nell’opera - gl'Ingegneri e gli scrittori militari Bolognesi del XV e XVI secolo».
Nel 1863 mosso dal fratello recavasi a Parigi per veder modo di ottenere un compenso dall’imperatore Napoleone sui danni patiti dal padre del Ravioli stesso ch’era stato avvocato e rappresentante la famiglia imperiale negli affari più particolarmente riguardanti la successione di donna Paolina Borghese nata Bonaparte. L’esito non corrispose alla aspettativa, ed il Ravioli ritornossene in Piemonte dove ai legami di parenti, altri ne teneva con gli uomini politici del giorno, sospirando sempre alla sua Roma, nella quale dopo il 20 settembre 1870 calorosamente adoperassi e per la istituzione della Guardia Nazionale, e per l’interno ordinamento, ricevendo tosto il brevetto per la medaglia commemorativa, venendo eletto Consigliere ordinario del Consiglio sanitario provinciale, e finalmente intruppato nella schiera dei cavalieri della corona d’Italia.
Ma nel dì 4 agosto 1872 otteneva la maggior prova di simpatia e fiducia dai propri concittadini con 4512 voti che Io portavano in Campidoglio. E nel Consiglio Comunale di Roma entrato poco parlò, quantunque del morale o materiale progresso della città interessatissimo. Discutendosi nel dì 10 ottobre 1873 il Piano regolatore, il Ravioli non seppe, nè valse più a contenersi: sudavit et alsit come l’uomo di Orazio per apparecchiare uno di quei discorsi detti franciosamente a sensation, che secondo esso avrebbe dovuto produrre un effetto, ma sciaguratamente il destino non lo volle favorito, e la stampa cittadina quale tacque, quale compatendo la vana fatica accennonne i difetti più che i pregi, e quale biasimollo perchè per il troppo culto all’antico i veri ed assoluti bisogni del presente pareva volesse dimenticare.
Idolatreggiare i ruderi che fanno la bella industria di lavoratori, e di ammiratori stranieri, non è da noi, siccome in altre occasioni esponemmo, il censurare; ma non per questo ammettiamo che tutto l’antico deva rompersi sotto la picca dei moderni. - Roma difatti presenta bisogni tali che dovrebbero seriamente preoccupare i Consiglieri comunali, nè permettere che per generale difetto del meglio, anche il bene necessario si trascuri. - Spesso avviene che l’uno il massimo desiderando, il mediocre negliga, e così non raggiungesi per anco il minimo. - Ognuno può stimare lo idee proprie migliori e sostenerle, ma deve ancora metterle a prova sulla bilancia del pubblico interesse, e come su questa rispondono, mettervi più o meno di valore nella cura perchè vengano attuate. - Faccia altrettanto il Ravioli: pesi là la sua scienza archeologica, quà i bisogni di una popolazione; osservi se più a quella la popolazione pensi, od ai mezzi per questi appagare, e vedrà come in Roma più particolarmente che altrove si richiegga dai Consiglieri intelligenza e cuore per apportare quei vantaggi economici che soli danno la soddisfazione per un dato ordinamento. - Ma insino a che avremo campagne incolte, ed emigrazione e malanni igienici; fino a che avremo spostamento d’interessi più che d’ideo, perchè di sovente queste vanno a paro con quelli; fino a che non sarà provveduto a che la famiglia proceda prosperosa, nè lo stato la immiserisca, avremo speciosità di parole ma vanità di fatti, idolatrie di forme ma vuoto assoluto di sostanza.
Ponga dunque il Ravioli a contribuzione la propria esperienza e sarà giudice valido a sostenere ed a conseguire ciò che noi desideriamo - la materiale prosperità, senza cui ogni istituzione cade tristamente con danno degli individui e delle nazioni.
Roma 1873. Tip. Caggiani, Santini & C.