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Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Alessandro Ramelli

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Alessandro Ramelli

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Pietro Poggioli Camillo Ravioli

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RAMELLI ALESSANDRO


Consigliere Municipale






NN
el febbraio dell’anno 1826 sortiva i natali in Roma Alessandro Ramelli. — I tempi volgevano miseramente luttuosi per la povera Italia, e la teocrazia stendeva le nere sue ali e volea che la tenebra dell’oscurantismo si spargesse sopra la terra, perchè i popoli dormissero il sonno dei vili e la mente restasse chiusa alla luce della scienza, della civiltà, del progresso.

Giuseppe Ramelli, padre di Alessandro, datosi alla vita commerciale salì in bella fortuna, chè uomo egli fu attivissimo ed operosissimo ed onesto quanti altri mai. — Ei volle il proprio figlio educato agli studi e a tutte quelle nobili discipline, che formano la mente ed il cuore dell’uomo, ed Alessandro, ventenne, appena laureavasi in legge nella Romana Università correndo l’anno 1846; e non solo dimostrava saggia la mente, ma sì anco bellissimo il cuore, chè per la patria di fervente amore era preso, onde fu che alloraquando successe il fatale ma grande nostro 48, come lo chiama il Balbo, emerse tra i giovani d’animo liberale, e fece parte del Circolo Romano, ove gli si porse occasione di far conoscenza con alcuni degli uomini più illustri di quel tempo.

Seguace fedele della religione de’ padri suoi, plaudì con tutta la effusione dell’anima alla voce solenne del Papa Pio IX, allorché, benedicendo il Vessillo della nazionale indipendenza, animava gl’italiani alla santa battaglia contro lo straniero, e dava effetto a riforme che il progresso dei tempi reclamava. — Ahi umana contradizione! Ed oggi quel Papa medesimo invoca sulla patria diletta la invasione straniera, e fa preci perchè gli sia concesso vedere ancora miserandi lutti italiani.

Dopo che il pugnale dell’assassino trafisse a morte Pellegrino Rossi, e seguì la rivoluzione del 16 novembre 48, il Ramelli partitosi di Roma si trasferì nei suoi possedimenti presso Civita Castellana, chè prevedeva nuove sciagure e nuovi disastri dover piombare sulla infortunata Italia. — E in Civita Castellana egli fece dimora sino al luglio 1850, e tenne quivi il comando di una frazione di guardia nazionale a cavallo.

[p. 184 modifica]Della di lui fede politica parlando diremo, appartenere egli alla schiera dei così detti moderati, perocché sebbene un tempo credesse che il Papato, spoglio della potestà temporale, meglio si conciliasse con la Repubblica, e più indipendente si mantenesse nel suo spirituale dominio, pure oggi tiene opinione contraria, e porta convinzione che solo con la moderazione, ed accettando la Monarchia può sostenersi l’unità ed indipendenza d’Italia, può conciliarsi il Papato, e farsi sempre più grande la Nazione, mentre, secondo sua sentenza, non è ammissibile la Repubblica stante il disordinamento di principii, e l’attuale corruttela sociale. — Se in ciò ben si apponga il Ramelli, o vada grandemente errato, non è a discutersi nel breve tramite di questa biografia. — Basti solo aver quanto sopra notato per porre in rilievo la di lui opinione politica.

Volgeva l’anno 1850 e il Ramelli toglieva in moglie la Isabella Graziosi figlia di quel distinto agronomo, che ha lasciato di sè nominanza altissima. — Se con lei s’ebbe tutte quelle divine voluttà, che solo con gentilissima e virtuosissima donna possono aversi, gli mancarono però le gioie della figliuolanza che forse lo avrebbero distolto dal dedicarsi a tutt’uomo all’agricoltura, siccome fece dal 1850 al 1860 sulla scorta delle nozioni imparate dal suocero.

E ad acquistare più vasta istruzione su tale materia intraprese lunghi viaggi. — Fu in Francia, nel Belgio, in Inghilterra e dappertutto fece tesoro di nuove, svariate ed infinite cognizioni agrarie, per guisa che tornato in Roma fu invitato a far parte di una Commissione creata dalla Università dei commercianti, allo scopo di prescrivere le norme atte a migliorare la coltura nell’Agro Romano. — Ma poiché gli altri Membri della Commissione oppugnavano il sistema dell’enfiteusi dei beni di Mano-Morta, che egli sosteneva come il mezzo più facile a raggiungere il fine di una progressiva coltivazione, il che sostiene tuttavia anche contro coloro, che di quei beni preferiscono la vendita, nè potendo venire in accordo con la maggioranza, stimò meglio ritirarsi.

Correva l’autunno del 1860 e una sequela di fatti si svolgevano nuovi nella storia dell’italico risorgimento — La gloriosa impresa dei Mille, i miracoli di Garibaldi, di questo genio onnipotente del popolo, che nella famosa battaglia del Volturno contro i nemici ruotando la fulminea sua spada, gridava ai suoi valorosi con la voce d’un dio: — Miei cari se oggi non vinciamo, si piangerà molto in Italia — e si vinse; — il trionfante ingresso di lui in Napoli, la sua dittatura, la sua sublime abnegazione nel rassegnare i poteri, il suo ritiro a Caprera, la battaglia di Castelfidardo, la convocazione del Parlamento Nazionale, il plebiscito, l’anatema del Papa, la occupazione delle Marche e dell’Umbria, e il sospingersi delle regie truppe in Montefiascone, Viterbo e Civita Castellana, tuttociò avveniva in quel breve autunno.

E allorché le regie truppe entrate in Civita Castellana ne ripartivano pel [p. 185 modifica]sopraggiungere dell’esercito francese, il Ramelli postosi a capo d’un drappello di cittadini mantenne l’ordine pubblico e la sicurezza nel Forte, ove erano rinchiusi molti condannati. E fu desso che fece sventolare e rispettare in quella città la nazionale bandiera ed ai soldati francesi, tostochè procedettero alla occupazione, disse queste parole: — Pensate che questa bandiera sventolò allato di quella francese a Solferino, epperò rispettatela e custoditela con amore.

Il Ramelli era di poi nel 1862 sottoposto a processo politico per l’azione, che egli prese nel 1860 in Civita Castellana. — Però le stesse autorità locali deponevano a favore di lui, e desistevasi quindi da ogni ulteriore procedura.

Roma, la città della immortale grandezza, la gemma più bella d’Italia era sospirata da quanti nel petto sentivano amor di patria, chè ben disse il divino Alighieri tutti gl’italiani dover prediligere il capo del Lazio siccome principio comune della civiltà loro, e Gioberti essere Roma e Italia due cose indivise come la testa e le membra, l’anima e il corpo, il mezzo e la circonferenza, e il loro divorzio esser l’esizio della nazionalità loro.

Molti cittadini romani, esuli da lunghi anni, fremevano nel core per strappare al dominio del Papa-Re quella Roma, che racchiudeva le più dolci memorie , che formava il palpito più caro dell’anima, che esser doveva la capitale d’Italia, e strettisi tutti in un patto con i più ardenti patriotti, duce il Leone di Caprera, muovevano al riscatto della città eterna.

Era l’anno 1867. Ahi! una pagina d’infamia e di sangue vergò la storia, chè gli sgherani del Papa coadiuvati dai soldati di Francia soffocavano, con la forza maggiore delle armi, la insurrezione di un popolo, che non altro dimandava se non che il nazionale compimento con Roma capitale! — Le zolle di Mentana e di Villagloria fumano ancora del sangue di un Cairoli e di tanti altri fratelli italiani, dal ferro di masnadieri vilissimi e dal piombo francese miseramente trucidati.

Ed in quell’anno Alessandro Ramelli, tornato da Parigi, si trovò in Civita Castellana, allora quando le truppe papali abbandonavano quella città ritirandosi sopra Roma. E fu in quella occasione che egli prestò pure sua opera nell’organizzare uno stuolo di cittadini per la pubblica e privata sicurezza, sino a che giunse un corpo d’esercito regio comandato dal Generale Ricotti, cui fu fatta consegna della Città o del Forte.

E qui cade in acconcio il dire come il Ramelli anche nella sua tenuta denominata di Borghetto, raccogliendosi una moltitudine di volontari italiani, che recavasi sotto gli ordini del generale Fabrizi, prontamente s’adoperasse affinchè nulla ai medesimi fosse manchevole e di vettovaglie e di alloggiamenti, e tutto procedesse ordinato, in che gli fu pur prodigo di aiuto il maggiore Pianca, che dal Generale Garibaldi era stato destinato a guardia della [p. 186 modifica]stazione ferroviaria, che esiste in quella stessa tenuta, e curasse di regolare In marcia dei battaglioni de’ volontari, che l’uno all’altro succedevansi.

Sopiti gli avvenimenti politici, fu il Ramelli dal Municipio di Civita Castellana in benemerenza dei servigi prestati insignito del titolo di Patrizio, e nel successivo anno 1869 venne eletto Consigliere Provinciale, quale carica accettò di buon grado, perocché essendo puramente amministrativa lo manteneva ne’ suoi principii politici indipendente.

Finalmente l’alba aspettata sorgeva, e il sole di Roma distenebrava la notte profonda del papale reggimento. — Era il 20 settembre dell’anno 1870. — I fati di Francia mutavano, e Napoleone III veniva ramosamente travolto in una guerra fatale. — Fu allora che il Governo italiano dapprima esitante e pauroso, poi sospinto da irresistibile onda popolare, salendo la breccia di Porta Pia, faceva ingresso in Roma, e Roma salutata capitale d’Italia diffondeva come astro maggiore i divini suoi raggi.

In quello stesso anno Alessandro Ramelli era nominato Consigliere Comunale alle prime elezioni, e in quell’ufficio perdurò sino al maggio 1871, in cui, insieme ad altri Consiglieri, si dimise stante la mala amministrazione del Comune e la mancanza persino del Bilancio preventivo. — Però nell’agosto dell’istesso anno venne rieletto, e fece parte di molte Commissioni, tra le quali quella d’inchiesta sulla istruzione pubblica, e l’altra sulle gaurdie daziarie, e fu sempre modello d’assiduità nelle comunali sedute.

Nelle nuove elezioni del luglio 1873 fu egli riconfermato Consigliere Comunale con 2900 voti, e in ciò ebbe compiacenza grandissima, perocché tale riconferma ritenne come espressione di stima e di affetto de’ propri concittadini E per verità va distinto per integrità di carattere, per onestà di cittadino e agl’incarichi conferitigli scrupolosamente e delicatamente adempì.

Appartenne egli per sei anni al Consiglio Direttivo della Cassa di Risparmio ed oggi è in virtù di Regio Decreto e per nomina del Comunale Consigli, Presidente di due Commissioni amministrative di opere pie cioè del Conservatorio di S. Eufemia e di quello della Croce, ed ultimamente la Giunta Municipale lo ha onorato della nomina di Rappresentante il Comune nel Legato Faccioli sulla pubblica istruzione.

Alessandro Ramelli è di animo aperto e seguendo i dettami de’ suoi principii, e di sua coscienza, opra secondo quelli, e si contenta rimanersi tranquillo sotto l’usbergo del sentirsi puro, nè può dirsi certo esser desso di quegli uomini, che tengon la celata nel viso, e i quali, o s’infinge non conoscere, o sono dell’altrui luce rivestiti.



Tip. Letteraria, via Ripetta, 46