Caccia e Rime (Boccaccio)/La caccia di Diana/Canto I
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Canto I.
Nel tempo adorno che l’erbette nove
Rivestono ogni prato e l’aere chiaro
Ride per la dolcezza che ’l ciel move,
Sol pensando mi stava che riparo
Potessi fare ai colpi che forando5
Mi gían, d’Amor, il cuor con duolo amaro;
Quando mi parve udir venir chiamando
Un spirito gentil volando forte —
Donne leggiadre, — in voce alta gridando —
Venite omai, venite alla gran corte10
Dell’alta iddea Diana, che elette
V’à in Partenopè per sue consorte — .
E poi ch’egli ebbe tre fiate dette
Queste parole, sanza più volare,
Ad una ad una chiamando ristette.15
E, se non m’ingannò il vero ascoltare
Che far mi parve, Zizzola Barrile1
La prima fu ch’io gli sentì chiamare;
Poi Ciancia2 l’altra nobile e gentile,
Cecca Bozzuta3 e poi Principessella20
Caracciola4 e Letizia Moromile5,
De’ Gattoli6 Berarda con Linella,
Beritola Carafa e, ’n compagnia,
Degli Scrignar7 Mignana e Isabella,
Et Ysolda di Giaquinto8 e Lucia25
Porria con Berita e Caterina
De’ Brancazzi9 e de’ Melii Maria10.
E seguitò Caterina Pipina11
E Sobilia Capece12, e chiamò Fiore
Curial13 bella di colei vicina,30
Verdella di Berardo14 e Biancifiore
De’ Caffettini15 e Ceccola Mazzone
E Alexandra d’Anna16 con valore.
Caterina di Iacopo Roncione
Chiamò, e Caterina Caradente17;35
Poi la Crespana18 seguì nel sermone,
E di Bolin Caterina19 piacente
E Caterina di Serpando20, e poi
Caterina Afellapan21 similmente.
Giovannola de’ Coppoli ampoi2240
Si chiamò, e la Lucciola dop’essa;
E Fiore Canovara ne’ dir suoi
Chiamò apresso, e oltre con lor messa
De’ Gambatelli23 Vannella fu anchora,
Come intesi nella voce expressa.45
Ma quella donna cui Amore honora
Più ch’altra per la sua somma virtute,
Che tutte l’altre acresce e rinvigora24,
Fu l’ultima chiamata, e per salute
Dell’altre, quasi com’una guardiana,50
Avanti gío per guidarle tute25:
E ’n compagnia del messo di Diana,
Che più non ne chiamò; né nomo lei,
Perché a suo nome laude più sovrana
Si converria, che dir qui non potrei;55
Sen gí in parte ov’io le seguitai
Con l’altre insieme, infin ch’io discernei
Ciò ch’elle fer, come apresso udirai.
Note
- ↑ La famiglia Barrile, di Napoli, era compresa tra le nobili del Seggio di Capuana. Notissimo de’ suoi membri è Giovanni, milite, decorato sotto Roberto e Giovanna I di alti uffici amministrativi ed insigne per l’amicizia addimostratagli dal Petrarca; il Boccacci lo ricorda scherzosamente nella lettera in dialetto napoletano e seriamente nella Genealogia deorum, dove lo chiamò ‘magni spiritus homo’ (XIV, 19). Quale rapporto di parentela ebbe con lui la Zizzola qui ricordata?
- ↑ Ritengo fermamente che questa Ciancia sia da identificare con la famosa Sancia de Cabannis contessa di Morcone, chiamata senz’altro ‘Chancia’ nella cronaca di notar Domenico di Gravina (RR. II. SS. 2, XII, iii, p. 13 e sgg.), ‘Ciancia’ nelle Istorie pistoresi, ‘Zanza’ nel Chronicon estense, ‘Cantia’ in quello di Giovanni da Bazzano (RR. II. SS., XI, 514; XV, 421 e sgg.; 612 e sg.). In queste e in altre scritture cronistiche son ampi particolari sulle ribalderie della ‘pulcherrima’ donna, che fu una delle più calde istigatrici dell’assassinio di Andrea d’Ungheria (18 settembre 1345): per tale delitto ella fu, dopo qualche mese, arrestata, poi torturata ed infine arsa viva in Napoli al principio del 1348. Era stata damigella e famigliare della regina Giovanna, che l’amò assai e ancóra il 10 gennaio 1346 le donava la metà di un castello in Provenza, novella prova di favore (Minieri Riccio, Notizie storiche tratte da 62 Reg. angioini, p. 135). Di lei à parlato ultimamente il Torraca, Per la biografia di Gio. Boccaccio, pp. 27-8, 153-5, 168-9.
- ↑ I Bozzuti furono un ramo della nobile famiglia napoletana dei Capece ed appartennero al Seggio di Capuana.
- ↑ La genealogia della famiglia Caracciolo di Napoli, compilata da F. Fabris per la II serie delle Famiglie celebri italiane del Litta (1901-07), non menziona nessuna donna di questo nome. Nella tav. XLVI è invece ricordata un’Imperatrice, figlia di un Tirello Caracciolo (vivente nel 1338) e moglie di Antonio Sersale.
- ↑ Ossia Mormile, di antica e nobile famiglia del Seggio di Portanova.
- ↑ Le stampe: Catoli. Tra le nobili di Napoli, del Seggio di Portanova, è invece nominata la famiglia Gattola, alla quale avranno appartenuto queste due donne, forse sorelle.
- ↑ Le stampe leggono erroneamente Strignan e Strignani. Ma a Napoli fioriva una famiglia Scrignara, elencata tra le feudali già nel secolo XIII e della quale molti personaggi sono ricordati con lustro durante i regni di Roberto e di Giovanna I.
- ↑ Un’Isolda o Gisolda Pulderica di Napoli, prima nutrice, poi damigella, ciambellana e famigliare di Giovanna duchessa di Calabria e futura regina, maritata nel 1339 o poco prima a Macciotto Aldemoresco, fu mandata a morte come confessa di complicità nell’assassinio di Andrea d’Ungheria sui primi dell’anno 1348 (su lei cfr. Minieri Riccio, Notizie stor. cit., pp. 29-30 e 135, e Studii stor. fatti sopra 84 Registri angioini, pp. 9-10; ed inoltre il Chronicon de rebus in Apulia gestis di Domenico di Gravina, RR. II. SS. 2, XII, iii, p. 41). Della sua famiglia conosco, nella prima metà del secolo XIV, vari membri, ma non, tra essi, un Giaquinto, che avrebbe dovuto essere suo padre, se la identificazione di lei con la donna, di cui dice il poemetto, fosse sicura. Giaquinto fu, a buon conto, nome proprio maschile diffuso nell’Italia meridionale.
- ↑ I Brancaccio, di Napoli, son notissimi e figurarono tra le famiglie feudali del Regno sin da tempi assai antichi.
- ↑ Più avanti (II, 46) è chiamata Mariella Melia. Un ‘Gualterius Melia de Neapoli’ è nominato in data del 6 aprile 1304; Matteo Melia, milite, fu giustiziere di Terra d’Otranto sotto Giovanna I (Minieri Riccio, Studii storici cit., pp. 92-93; Notizie storiche, pp. 6-7).
- ↑ Seguitò: intendi, «a nominare». Il conte E. Rogadeo di Torrequadra, che attende alla genealogia dei Pipini per la II serie, già citata, delle Famiglie celebri italiane, mi comunica cortesemente di non conoscere tra essi nessuna donna di questo nome; egli sospetta però che si debba trattare di una figlia di Niccolò II Pipino conte di Minervino e di Giovanna d’Altamura, nella quale sarebbe stato ripetuto il nome della zia materna Caterina d’Altamura. Fratelli della donzella mentovata nella Caccia sarebbero stati per tanto il celebre Giovanni palatino d’Altamura e gli altri riottosi baroni, la cui triste fine narra in due rubriche Matteo Villani (VII, 102-103).
- ↑ Sibilla, figlia unica di Corrado Capece, fu maritata a Matteo Mansella, milite e famigliare del re Roberto. Questi volle anzi assistere alle loro nozze (F. Campanile, Dell’armi overo insegne de’ nobili2, p. 54; Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non, comprese ne’ Seggi di Napoli, p. 212).
- ↑ Si accenna in un Registro angioino degli anni 1343-1344 al giudice ‘Pietro Curiali de Surrento iurisperito’ (Minieri Riccio, Notizie stor., p. 3).
- ↑ Conosco solo un’Egidia di Berardo, che fu moglie di Enrico Siginolfo signor di Telesa (Della Marra, p. 386).
- ↑ Una famiglia Cafatino s’imparentò con l’altra, antica e nobile tra le napoletane, degli Arcamone (B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nob. delle prov. meridionali d’Italia, p. 95); è la medesima da cui escì, o in cui entrò, questa donzella?
- ↑ In luogo di d’Anna le stampe leggono donna! A Napoli esisté realmente una famiglia d’Anna, della quale però conosco solo personaggi del secolo XV.
- ↑ Questa gentildonna, appartenente a famiglia napoletana ricordata tra le feudali sin dal tempo di Carlo I d’Angiò, fu moglie dell’ungherese Stefano Sueth, venuto in Italia con l’infelice Andrea e poi cortigiano di Giovanna I. La notizia fu data da M. Camera, Annali delle Due Sicilie, II, p. 459, e riportata da C. Antona Traversi, negli Studi di filol. romanza, I, p. 434. n. 2.
- ↑ Crespana è cognome, non nome; il costrutto sintattico e la considerazione che nei vv. 34-39 son nominate solamente donne di nome Caterina portano ad inferire che anche questa si chiamasse così. La famiglia Crispana o Crespana, feudale sin dal tempo del re Manfredi, godeva la nobiltà a Napoli nel Seggio di Capuana (Candida Gonzaga, op. cit., pp. 206-7).
- ↑ Non bene le stampe: de’ Bolin. Nelle mie schede trovo un frate Andrea ‘de Bolino’ da Napoli oblato del monastero di San Pietro a Castello nel 1346 (Minieri Riccio, Notizie stor., p. 63); e un Martuccello ‘de Bolino’ nel 1365 (L. Tanfani, Nicc. Acciaiuoli, studi storici, p. 149 e sg.).
- ↑ Storpiatura è la lezione delle stampe di ser Pando. La famiglia Seripando era notissima e ragguardevolissima tra la nobiltà napoletana; nel 1338, a tacer d’altri, un Berardo Seripando, milite, era maestro ostiario e famigliare regio (Torraca, Per la biogr. cit., p. 227).
- ↑ Costei fu certo della famiglia stessa di quel Niccolò Fellapane, che vedo ricordato come inquisitore dei feudatari sotto Carlo I d’Angiò (Candida Gonzaga, op. cit., p. 121).
- ↑ «Quindi, di poi». La famiglia Coppola è assai spesso nominata tra quelle nobili di Napoli.
- ↑ Trovo solo ricordo di una famiglia Gambitella (Candida Gonzaga, p. 172), ch’è forse la medesima d’onde escì Vannella.
- ↑ Questa donna, che il poeta non vuol nominare (vv. 53-55) né designare in guisa da permetterci di tentare una identificazione, è la sua amata, come si rileva dai chiari accenni dell’ultimo canto della Caccia. Non è a pensar che si tratti del più famoso amore, poiché è noto che nell’Ameto il Boccacci fa dire alla Fiammetta di essere ‘sempre’ stata chiamata così dal suo Caleone. La mente ricorre invece ad una delle donne ricordate nel medesimo episodio con i pseudonimi di Pampinea e di Abrotonia, ma, ignari come siamo del nome reale di costoro, non possiamo che limitarci al semplice sospetto.
- ↑ Tuto, «sicuro», è già in Dante, Purg., XVII, 108. Inaccettabile è la lezione della stampa Morpurgo-Zenatti, per guida di tute, con quello sconcio tute per «tutte».