Caccia e Rime (Boccaccio)/La caccia di Diana/Canto XV

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Canto XV.

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Canto XV.


Covella d’Arco a piè del monte s’era
     Tra giunchi e canne con Berita ascosa
     Galiota al lito di quella riviera.
E ciascheuna con nota amorosa
     Sonava un’arpa gratiosamente,5
     In voce che al suono è dilectosa.
E mentre elle sonavan dolcemente,
     Due cigni bianchi si calar nel loco,
     Assai vicini a llor, tacitamente.
Col capo ad alto gíano a poco a poco10
     Apressandosi al suon che piace a lloro,
     Faccendo in acti di quel sono il gioco1.
Non s’apressaro a llor quasi costoro,
     Ch’ess’incapparo ne’ tesi lacciuoli,
     E dalle donne poi sanza dimoro15

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Pigliati furon, rimutando in duoli
     Li lor diletti; e altri a quel romore
     Se ne fuggiron con non lenti voli.
Ma Mitola Caracciola uno astore
     Portava in mano, ardito nello aspecto,20
     Di più vol ch’altro e di maggior valore;
E giva andando sopra il ruscelletto,
     E Zizzola d’Alagna era con lei,
     Un naccaro sonando con dilecto.
E mentre che sonando gía costei,25
     Usciron più malardi di quelle acque,
     Forte fuggendo davanti da llei:
Per che lasciar l’astore allor le piacque,
     Il qual, montando, uno ne ferio,
     Sì che in su l’erba morendo si giacque;30
E sanza tardar punto risalio,
     Mentre se ne scendeva giù calando,
     Infino2 in terra con un altro gío.
Mitola, andando dietro a quel gridando,
     E Zizzola con lei, l’astor riprese,35
     Co’ due malardi al fiume ritornando.
Covella d’Anna i suo’ passi distese
     Di dietro a uno struzzo, che fuggendo
     Gía per lo piano, temendo l’offese.
Ma nol poteva tanto andar seguendo,40
     Ched e’ più non fuggisse, e spesse volte
     Si rivoltava con l’ali battendo.
Il molto correre e le frasche folte
     Avevano a Covella tutti i panni
     Quali stracciati e quali a sé ravvolte;45

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Ond’ella, piena e d’ira e d’affanni,
     Tututta ardeva nella faccia accesa,
     Di quello uccel disiderando i danni.
Con più vigor, nuova forza ripresa,
     Seguitando, si fe’ prestare un arco,50
     Fra ssé dolente di cotale impresa;
Ma dopo molto andare, ad un gran varco
     Il colse e saettollo, e quegli allora
     Quivi morì con dolente ramarco.
Covella il prese sanza più dimora,55
     E tirollosi dietro infino al piano,
     Riferendol da capo ad ora ad ora,
Istroncandoli il capo con la mano.


Note

  1. Anche quest’effetto del suono dell’arpa sul cigno era insegnato dai Bestiari. In un testo già citato si legge: ‘Lo cecino (cigno)... quando homo li sona uno stormento che ssi chiama arpa, si s’accorda con esso in cantare’ (Bestiario toscano, p. 27).
  2. «Finché.»