Codice cavalleresco italiano/Libro IV/Capitolo XVII

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Caduta

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XVII.

Caduta.

ART. 396.

Se uno dei duellanti, durante lo scontro, cade a terra, i testimoni sospenderanno subito il combattimento, e gli avversari dovranno essere posti nuovamente in guardia, come fu praticato nel primo assalto.

ART. 397.

Nel duello si considera, caduto a terra uno dei tiratori, non solo quando egli è lungo disteso al suolo; ma anche quando, scivolando o inciampando, il suo ginocchio tocca il terreno. [p. 231 modifica]

ART. 398.

Il duellante caduto deve essere considerato «disarmato» e di questo gode tutte le immunità; per cui, commetterebbe un assassinio chi lo ferisse, o tentasse di ferirlo volontariamente.

ART. 399.

Dal canto suo, il caduto non può trarre alcun vantaggio dalla sua disgrazia; nè gli è quindi lecito di approfittare dell’incertezza dell’avversario per colpirlo, come qualche volta si è verificato.

Nota. — Un simile procedimento è condannato dalle leggi cavalleresche, perchè sleale e codardo, non essendo ammessa la caduta, come una finta per ingannare l’avversario. Rammentiamo in proposito, quanto abbiamo già detto parlando dei doveri dei duellanti, ai quali, nei duelli alla spada o alla sciabola, è permesso piegarsi col corpo in qualunque senso, e chinarsi fino a porre la mano disarmata a terra, mai il ginocchio.